In un musicbiz in cui spesso ad un artista basta anche solo non avere una hit con il suo singolo di debutto perché sia messo da parte da una casa discografica che fino al giorno prima affermava di credere in lui, per fortuna ci sono ancora management e label intenzionate a sostenere il talento e ad investire su di esso, cercando in ogni modo di far emergere un artista di un certo livello anche se in un primo momento il pubblico non sembra essere d’accordo.
Uno di questi casi fortunati, che purtroppo sembrano essere sempre più rari, e quello di Tori Kelly. Nata come youtuber, la ragazza è stata notata dai dirigenti della Capitol Records, i quali hanno deciso di farla lavorare insieme ai migliori produttori ed autori sulla piazza per il suo album di debutto. Non contenti di ciò, in seguito alla release del suo debut single “Nobody Love”, l’artista ha avuto un sostegno incredibile dalla label, che le ha permesso di esibirsi in tutti i principali programmi televisivi, ed anche in moltissimi eventi.
Le sue performance ai VMA, agli EMA, ai Billboard Music Awards ed a tante altre manifestazioni sono stati una pubblicità ottima per il suo album di debutto “Unbreakable Smile” che, privo di top 50 hits nella Billboard Hot 100, è comunque riuscito a compiere un percorso discreto nelle classifiche. Ciò ha permesso all’interprete di far conoscere sempre di più il suo nome, ed oggi la notorietà di Tori e la quantità di riflettori puntati su di lei sono davvero consistenti, ed oggi il suo nome è sicuramente più noto anche di quelli di altre debuttanti del 2015 che hanno ottenuto delle vere hit.
Ma tutto questo talento e questo sostegno da parte della sua label avranno portato ad un album di un certo livello? Scopriamolo insieme.
01. Where I Belong. Tori si presenta con un bellissimo intro che possa mostrare chi davvero lei sia al pubblico. La sua chitarra acustica è l’unico strumento che viene dunque adoperato per “Where I Belong”, una via di mezzo fra una canzone ed una semplice interlude in cui l’artista racconta chi è a chi si ritrova ad ascoltarla per la primissima volta. Nessun fronzolo di alcun tipo viene dunque schierato per questa presentazione, e così ci ritroviamo a faccia a faccia con la pura dimensione artistica di Tori già grazie alla base.
Le liriche del brano ci raccontano con spontaneità chi è Tori Kelly, quali sono i motivi per cui sceglie di esprimersi attraverso la musica, quali sono le sue debolezze, quali i suoi punti di forza, il tutto per una presentazione efficace che ci pone in un rapporto intimo con l’artista. Anche il suo cantato è dolce, ma risulta pure determinato a descrivere con precisione chi è la vera Tori, e la fa apparire semplicemente come una normale ragazza decisa ad utilizzare il dono che si ritrova. Ci troviamo sicuramente davanti ad una intro di egregia fattura.
02. Ubreakable Smile. Iniziamo subito all’insegna della felicità e di un ritmo trascinante con la title track. Per questa traccia, Tori sceglie una produzione armonica e melodiosa, costituita da una base di batterie (elemento più energico) e piano (elemento più calmo) sulla quale vengono sovrapposti dei suoni angelici e limpidi, una sorta di hook strumentale che accresce ancora di più l’aura di positività del pezzo. A proposito di hook, in questa canzone iniziamo a notare una certa inventiva di Tori nel crearli: il “la da da da dee”, pronunciato con insistenza dall’artista con tono giocoso, riesce davvero ad insinuarsi con decisione nella memoria dell’ascoltatore, accrescendo ancora di più il senso di positività generale.
Mentre la base si districa tra momenti più concitati (predominio della batteria) ed attimi più calmi (predominio del piano), Tori riesce a mettere su una performance vocale perfetta per l’occasione, la quale riesce a far trasparire una sorta di “allegria riflessiva”, un sentimento che scaturisce appunto non dalla mera spensieratezza ma dal rendersi conto di avere dei buoni motivi per essere felice. Tori riesce a giocare sia con la sua estensione che col tempo, dimostrandosi un’interprete versatile e capace di alternare più stili anche all’interno della stessa canzone.
A livello testuale, il brano è un inno a vivere la propria vita, allo sfruttare le proprie risorse ed a rincorrere i propri sogni senza farsi condizionare da coloro che cercano di imporre limiti, magari enfatizzando troppo quelle che potrebbero essere gli “effetti collaterali” delle proprie azioni. Da questa traccia emerge uno stile di scrittura intelligente, deciso, tipico di chi esprime un concetto ragionando e non solo in base alle emozioni. Certo, visto l’hook ci saremmo aspettati un testo più “leggero”, e questo forse stride un po’, ma per noi questa traccia è assolutamente promossa.
03. Nobody Love. Dopo una intro ed una sola traccia, Tori piazza immediatamente il lead single che l’ha presentata al mondo. Nobody Love è una canzone pop’n’b che può contare su una produzione a dir poco magnifica, un mescolarsi ipnotico tra batterie, trombe e cori di ottimo livello, che riescono a dar vita a strofe solenni, dal ritmo sempre crescente che finisce per esplodere in un ritornello assolutamente inaspettato, in cui le sonorità vengono completamente rivoluzionate. Nei ritornelli, a dominare la scena troviamo infatti il sax ed una batteria usata in un modo diverso rispetto alle strofe, il tutto per un lavoro che resta facilmente impresso nella memoria.
Come prevedibile vista la struttura della canzone, il clou arriva da tutti i punti di vista nell’ultimo ritornello: qui la base mescola infatti i suoni che contraddistinguevano le strofe e gli altri ritornelli, il tutto per un risultato molto buono. Anche la performance vocale di Tori sa essere potente ed incisiva, sia per la sua ottima estensione (davvero notevole l’acuto che precede l’ultimo ritornello), che per il modo spensierato ma nel contempo solido di interpretare le liriche previste. Ottimo inoltre anche l’hook che, interpretato con cadenza regolare da una seconda voce, capitalizza l’attenzione dell’ascoltatore.
Come intuibile dal titolo, il testo di questo brano si concentra sull’argomento amoroso, ma ancora una volta portando avanti liriche intelligenti e non prettamente governate dall’emozione: Tori riflette su come le persone non si accontentino mai di ciò che hanno e cerchino sempre (spesso invano) qualcosa di migliore, ma poi si rivolge al suo uomo e si definisce contenta della sua vita in quanto “nessuno ama come fa lui”. Traccia assolutamente d’impatto e perfetta per essere il primo singolo, “Nobody Love” svela in toto il talento di Kelly, interprete ed autrice da tenere assolutamente d’occhio.
04. Expensive (feat Daye Jack). Dominano sax, chitarra e batterie ed un cantato più sexy nella quarta traccia del disco, “Expensive”, primo caso di duetto incontrato in questo splendido progetto. Si tratta di una traccia che avremmo potuto tranquillamente trovare nell’album di un’altra newbie del 2015, la magnifica Fleur East: il ritmo è sostenuto e ballabile, l’atmosfera generale è costituita da pura positività e lo strumento principale è proprio il sax, il quale stabilisce le assegnando un ritmo ben preciso al ritornello. Ottimo anche l’utilizzo della chitarra elettrica, altro strumento che porta avanti il ritmo della canzone quando il sax non trova spazio.
Vocalmente, in questa traccia Tori si mantiene sempre su un tono abbastanza alto che possa comunicare energia, grinta e sensualità. L’obiettivo viene raggiunto con semplicità dalla nostra Tori, la quale riesce a dare vita ad uno dei momenti più forti e prorompenti del progetto, ad una canzone potentissima che avrebbe potuto essere una vera e propria hit mondiale. Ottimo, inoltre, l’utilizzo della seconda voce nel ritornello: un tono più basso dello strumento di Tori fa da contrasto perfetto alla voce principale, aumentando l’appetibilità del ritornello. Perfetto anche il verso rap di Daye Jack, davvero perfetto per il brano in questione.
A livello testuale, il brano è un’ammiccante dichiarazione con cui Tori comunica al suo uomo di non essere interessata ad alcun bene materiale ma di voler essere trattata come l’unica donna sulla terra, di volere le attenzioni di una principessa, di volere dunque un compagno degno di conquistare il suo cuore. E’ per questo che l’artista canta decisa “Money don’t buy love!” in ogni pre-ritornello, e per tale ragione la Kelly si definisce si “costosa”, ma in un’accezione metaforica del termine. Noi siamo letteralmente conquistati da questa traccia!
05. Should’ve Been Us. I toni cambiano radicalmente per “Should’ve Been Us”, secondo singolo estratto da questo progetto. Si tratta di una mid tempo pop’n’b dal sound evocativo, una canzone potente ed incisiva ma dall’atmosfera un po’ più arrabbiata e riflessiva rispetto alla traccia precedente, con cui condivide comunque una forte grinta e la capacità di fare una buona presa sul pubblico: di fatti, si tratta del singolo di Tori che si è spinto più in alto nelle classifiche e della traccia su cui la sua label ha puntato di più. A dominare il sound sono ancora le batterie, le chitarre ed il piano, strumenti che in questo disco mostrano quanto il loro connubio possa essere versatile.
In questa traccia tornano a fare da protagonisti due elementi che avevamo già incontrato in precedenza: una seconda voce che interpreta un hook molto ben riuscito, che ripetendosi con cadenza regolare sa tenere viva l’attenzione dell’ascoltatore, e lo strumento di Tori che si modula alla perfezione mostrando sia la sua estensione che la sua capacità di reggere un ritmo di pronuncia delle parole davvero rapido. Il tono vocale è più basso rispetto alla traccia precedente, e questo permette a Tori di evidenziare uno stato d’animo rabbioso ma nel contempo riflessivo, una situazione in cui l’ira e la frustrazione sono appena accennate, ed invece di accecare aiutano a focalizzarsi sui pensieri.
A livello testuale, Tori esprime una dedica ad un ex fidanzato con cui ha portato avanti una storia d’amore così intensa da mancarle nonostante il finale non sia stato per nulla lieto. La cantante rimpiange ciò che ha perso, rimpiange quello che nel profondo considera ancora il SUO uomo, e si chiede cosa avrebbero potuto essere lei e lui se le cose fossero andate diversamente. Si tratta di un cambiamento repentino rispetto alle tracce precedenti, in cui l’artista sembra aver invece trovato una persona destinata a restarle affianco per sempre.
06. First Heartbreak. “Should’ve Been Us” apre le porte per un’altra parte del disco, più triste ed introspettiva della precedente. A rivelarcelo in un modo molto chiaro è “First Heartbreak”, una downtempo dalle marcate influenze soul che gioca tutto su una base inizialmente minimal, che si districa fra pianoforte e stacchi di batteria che somigliano a schiocchi di dita, ma che trova poi una sempre maggiore corposità grazie ad altri strumenti. La produzione è dunque molto soft e dolce, e cerca di comunicare quella che potremmo definire come “tristezza riflessiva”: non disperazione, ma placida ammissione delle proprie colpe, dei propri limiti.
Questa sensazione non viene fuori solo dalla produzione, ma anche dal modo in cui l’artista modula la voce e dalle liriche che interpreta. Tori usa infatti la parte più dolce ed intima del suo strumento, sfruttando al meglio tonalità che non ci aveva mostrato finora. Sia nel registro basso che in quello alto, Tori sa essere un’interprete ricca di sentimento ed emozione, sa far percepire la sua tristezza e la sua preoccupazione, sa far trasparire esattamente i sentimenti che ha inserito nel testo, nulla di più e nulla di meno.
A livello testuale, il brano ci pone ancora una volta di fronte ad un modo di scrivere intelligente e ragionato, ad uno stile di scrittura che sa riflettere come in un dialogo e calibra al meglio sia la parte ragionata che quella sentimentale per coinvolgere appieno l’ascoltatore. In queste liriche, una Tori più intelligente che mai ammette le proprie debolezze e di essere stata presuntuosa, e confessa al suo amore che se lui la lasciasse lei si sentirebbe distrutta. Si tratta di una supplica quasi trattenuta, ed il risultato è una vera e propria dichiarazione d’amore.
07. I Was Made For Loving You (feat Ed Sheeran). In questa nuova atmosfera, siamo pronti per addentrarci nella parte più dolce del disco. Tori sperimenta con una produzione in cui le chitarre incontrano il banjo e lo stile predominante è quello country, un genere che finora era sembrato totalmente estraneo da questo progetto ma che si sposa alla perfezione con gli strumenti vocali degli interpreti coinvolti. Momento di estrema genuinità e di pura emozione, questa ballad ci colpisce davvero nel profondo grazie ad un ritmo calmo, trascinante ed idilliaco, un qualcosa che proprio non ci saremmo aspettati e che mostra la versatilità di questa donna.
La voce di Tori e quella di Ed si sposano alla perfezione: i loro timbri risultano quasi complementari, sanno unirsi in un meraviglioso impasto fatto di emozione e bel canto che coinvolge ed emoziona in toto l’ascoltatore. Le voci di ambedue i cantanti sono vengono sfoderate in tutta la loro potenza: non sarebbe il caso data l’impronta della canzone, e dunque entrambi gli artisti si danno da fare per adoperare la parte più dolce di entrambi i strumenti, dando così alla luce un vero gioiellino d’interpretazione. Avessero duettato in “Nobody Love”, avremmo preteso acuti su acuti, ma qua va benissimo così.
A livello testuale, il brano è una splendida canzone d’amore in cui Tori e Ed interpretano le parti di due innamorati colti da un inaspettato colpo di fulmine. Le loro voci, mescolate con queste liriche, trasudano amore e passione da ogni singola nota. Gli stili dei due cantautori riescono a fondersi in un tutt’uno, si mescolano alla perfezione in un qualcosa di unico ed irripetibile, ed il risultato è grandioso. Sicuramente la miglior canzone del disco.
08. City Dove. Le atmosfere tornano a rinvigorirsi nell’ottava traccia del disco, una downtempo sicuramente più imponente e solenne rispetto alle precedenti ma in cui Tori forse non riesce ad avere la stessa magia delle tracce precedenti. La produzione si preannuncia molto particolare nei primi secondi grazie all’intreccio tra violino, piano e vocals maschili tuttavia, pur mantenendosi sulla stessa linea guida, nella strofa perde qual fattore in più che sembrava possedere, e non riacquisterà fino al bridge, il quale risulta essere di gran lunga la parte migliore della canzone.
Vocalmente, in questa traccia troviamo una cantante dalla tecnica perfetta, che sa usare al meglio il suo strumento, spingendosi in alto con le note e reggendo virtuosismi ed acuti decisamente notevoli, eppure nel complesso l’artista sembra essere meno ispirata che in precedenza. Apprezziamo moltissimo i mix tra virtuosismi e cori nel bridge, tuttavia non ci convince molto l’interpretazione del ritornello, o almeno non lo fa se paragonata con le esecuzioni delle canzoni precedenti. Non ci troviamo davanti ad una canzone brutta né tantomeno davanti ad un’esecuzione assente, ma il coinvolgimento dell’artista è minore rispetto alle tracce precedenti, e si sente.
Ma è soprattutto il testo a farci sembrare questa traccia un pesce fuor d’acqua in questo progetto: le liriche parlano di sogni da inseguire, descrivono un luogo immaginario in cui poter svolgere attività normalmente impossibili, e tutto ciò stride molto con lo stile di scrittura evidenziato finora da Tori, la quale tende a far prevalere il ragionamento all’emozione: che sia per tale ragione che nemmeno nella performance vocale l’artista ci sembra molto convinta? Questa traccia è sicuramente il momento più basso del disco.
09. Talk. Torniamo in atmosfere musicali più intime con una base che si apre all’insegna del dominio della sola chitarra acustica di Tori, per poi aprirsi solo successivamente ad altri strumenti, in primis alla batteria. A livello di sound, il brano in realtà non si distacca molto da quello ascoltato finora: una base minimal, organica ma con qualche synth sul finale, in cui a farla da padrone sono strumenti reali e la splendida voce di Tori. In questa traccia il sound vuole essere felice, comunicare spensieratezza, e ci riesce alla grane conquistando facilmente l’ascoltatore con il suo essere così semplice e genuina. Non abbiamo momenti in cui il ritmo “esplode”, ma la traccia riesce comunque a conquistarci ed a trasmettersi un fortissimo senso di spontaneità, quasi come se si trattasse di una produzione improvvisata ma ben fatta.
Ma la parte forte del brano è proprio l’interpretazione di Tori: per la prima volta, infatti, l’artista fa un grandissimo utilizzo del falsetto: solo verso il finale possiamo ascoltare acuti a voce piena, in precedenza tutto si muove tra il falsetto e il registro medio/alto. Il risultato sa stupire l’ascoltatore ed accrescere ancora di più il senso di spensieratezza comunicato dalla produzione: Tori sa seguire alla perfezione l’andamento della base, e questo aggiunge molti punti ad una canzone che in altre mani forse non avrebbe saputo convincerci pienamente.
Il testo, in realtà, risulta una via di mezzo tra ragionamento e spensieratezza: Tori riflette su come la gente viva un intera vita parlando di cose che non conosce, trascorrendo intere giornate in preda ad una fretta che non permette loro vedere al di là del loro naso, ma poi torna a concentrarsi sul suo uomo, il quale non possiede questi difetti, e gli chiede di restargli per sempre accanto. Tori torna dunque a creare un lavoro molto efficace tra sound, testo e voce, e noi non possiamo che apprezzare.
10. Funny (live). Da parte di una cantautrice/musicista che dà così tanta importanza al “suonare” nel senso più classico del termine ed alla musica vera, non creata da un computer, non potevamo non aspettarci un inserto di musica live in un album studio. Questo momento arriva con “Funny”, brano che viene inserito non in una studio version ma dalla registrazione di una performance in cui l’unico strumento impiegato è appunto la chitarra acustica di Tori, un magico strumento che ci parla proprio come la sua voce e da solo stabilisce il ritmo e le regole da seguire in questa traccia.
Come prevedibile, in questa canzone troviamo una delle interpretazioni vocali più “veraci” dell’intero progetto! Tori canta con enfasi ed energia, interpreta con foga e grinta ogni singola parola, destreggiandosi alla perfezione tra i colori più belli del suo fantastico strumento. Tori qui non usa la parte più calda della sua voce, è vero, ma riesce comunque ad impressionare l’ascoltatore grazie alle sue ottime doti canore ed alla sua estensione. Certo, c’è da riconoscere che dal vivo l’eccessiva attenzione alla tecnica le impedisce di emozionare quanto nelle altre canzoni, ma lo scopo di questa traccia non è sicuramente quello di emozionare, dunque questo non è poi un difetto così grave.
Il non emozionare in queste liriche, in realtà, non è assolutamente un qualcosa da condannare proprio per via del testo, che più di tutti i precedenti risulta essere un puro ragionamento sulle dinamiche della vita, sulla classica “ruota che gira” e che dall’oggi al domani può cambiare radicalmente le sorti di qualcuno, facendolo passare, come un altro detto suol dire, “dalle stelle alle stalle”. Tori vuole dare ai suoi ascoltatori una lezione di vita con questa traccia, ed il risultato viene sicuramente raggiunto.
11. Art of Letting You Go. Ritorniamo al cospetto di una canzone registrata in studio. A differenza di quanto si potrebbe intuire dal titolo, “Art of Letting You Go” non vuole comunicare tristezza, né tantomeno ha qualcosa in comune con il “quasi omonimo” singolo di Mariah Carey. La produzione di questa traccia, come quelle di tante già analizzate, si basa su pochi strumenti: abbiamo strofe abbastanza minimal suonate esclusivamente con piano e batteria per una base molto minimal ma che riesce comunque a trasmettere un senso di allegria e spensieratezza e ad intrattenere l’ascoltatore.
L’atmosfera si fa più incalzante nei pre-ritornelli, tuttavia la linea guida del brano resta la medesima, anche grazie a qualche suono più particolare che accresce il senso di allegria. In questo collabora anche la performance vocale della nostra artista che, sempre misurata e capace di seguire perfettamente l’andamento della base, senza strafare riesce a comunicare le stesse emozioni trasmesse dalla base. Ottimo anche qui l’utilizzo degli hook nelle seconde voci, che con brevi suoni nasali capitalizzano l’attenzione dell’ascoltatore.
A livello testuale, in questa traccia troviamo finalmente una Tori Kelly che riesce ad abbandonarsi completamente all’emozione senza risultare tuttavia innaturale: l’artista mette da parte la mente per parlare col cuore della storia d’amore con il suo ragazzo, nata quando i due erano solo bambini e che fra alti e bassi è continuata ad andare avanti nel tempo. Ciononostante, Tori è sempre spaventata quando qualcosa rischia di mettersi in mezzo al loro amore, ed è per questo che dice di sé “I can’t seem to master the art of letting you go”. Spontanea come non mai, qui Tori mette finalmente in mostra una parte di lei che ancora non conoscevamo, e che ci piace tanto.
12. California Lovers (feat LL Cool J). E’ subito estate con la dodicesima canzone del disco! Tori collabora con il grande LL Cool J in un brano allegro, spensierato, ESTIVO. Questa canzone spruzza davvero estate da tutti i pori: lo fa nelle strofe sostenute, nelle seconde voci divertite, nell’outro speranzoso, nei synth a tratti retrò ma sempre coinvolgenti, nello xilofono che incontriamo di tanto in tanto e, soprattutto, nel ritornello potentissimo, il quale fa di questa traccia un singolo perfetto per la bella stagione. er quanto follemente innamorato di “Should’ve Been Us”, non sarebbe stato meglio estrarre questo come secondo singolo?
Ovviamente, l’interpretazione di Tori va praticamente a braccetto con la base: l’artista canta con uno stile ancora una volta diverso da quelli incontrati finora, e riesce a comunicare freschezza, voglia di divertirsi. Il tutto risulta d’impatto, quasi suggestivo, ed i ben 2 hook che incontriamo nelle seconde voci rendono davvero perfetta l’appetibilità del pezzo. Assolutamente azzeccato anche il feat con Cool J: il timbro ed il flow dell’artista sono praticamente perfetti in questo contesto, ed il suo bridge è davvero molto efficace.
Come si può intuire anche solo grazie alla produzione scelta ed al tipo di interpretazione impiegata, il testo di questa traccia parla del trascorrere delle giornate meravigliose senza curarsi di alcun problema, godendo solo delle cose belle della vita. Si tratta, in altre parole, delle classiche liriche perfette per una qualunque hit estiva, di un testo di sicuro fatto meno bene dei precedenti ma perfetto per una hit. Peccato che queste caratteristiche non siano state sfruttate a dovere…
13)Falling Slow. Le atmosfere si fanno più slow e particolari in “Falling Down”, penultima traccia del disco. Il ritmo di “Falling Slow” è quello tipico di una downtempo, ma la produzione non lascia che il brano si trasformi in una ballad uguali a tante altre.
Tra archi, violino, piano, batterie e xilofono la traccia risulta un’armoniosa fusione di suoni molto diversi che tendono a creare un’atmosfera ricercata e solenne, un qualcosa che sia unico e difficilmente ripetibile. Il ritmo è poco sostenuto e si mantiene più o meno costante, eppure le variazioni nell’impiego degli strumenti riescono a dare quel minimo di varianza che impedisce alla traccia di sfociare nella noia.
Vocalmente, Tori riesce tranquillamente a dominare la scena con la sua voce, la quale evita tuttavia di imporsi eccessivamente lasciando alla produzione ed ai cori il giusto spazio. Molto elegante l’interpretazione eseguita nel ritornello, mentre risulta davvero interessante ed affascinante quella che caratterizza i preritornelli, parte in cui oltre a comunicare la voce di Tori sembra voler anche scandire il ritmo.
A livello testuale, la traccia è una romantica ammissione dei propri limiti in cui Tori si spoglia definitivamente di quella sicurezza ostentata in altre tracce. La cantante ammette i propri limiti, ammette di non essere perfetta, e chiede al proprio amore di accettarla così com’è, in quanto non vuole buttare via la loro storia. Finalmente conosciamo appieno la parte più intima ed emotiva di questa ragazza, e questo sicuramente non ci dispiace.
14) Anyway. Ma può la conclusione di un disco lasciare l’amaro in bocca o un senso di tristezza? Sicuramente no: i progetti vanno chiusi con tracce che sappiano far venire voglia di riascoltarlo, e sicuramente “Anyway” è la traccia perfetta per ottenere questo risultato. Con un ritmo fortemente retrò che strizza l’occhio al sound tipico degli anni ’50-’60, ci troviamo su una traccia che avrebbe tranquillamente potuto essere inserita in “Back to Basics” di Christina Aguilera. A suggerircelo è l’utilizzo dei bassi, delle trombe e della batteria, strumenti che insieme al piano forgiano. questa stuzzicante produzione.
Ma l’effetto vintage della traccia non si limita al solo sound: a comunicarci questa sensazione è anche l’impostazione vocale dell’artista, la quale indossa alla perfezione i panni di una diva dell’altro secolo per lasciarsi andare in acuti che mostrano tutta la potenza della sua voce. Le strofe sono interpretati con decisione ed ispirazione, il che ci fa percepire il calore della voce di Tori nonostante questa si mantenga lontana anni luce dal registro basso. In tutto questo, l’interprete non rinuncia comunque ad inserire un pizzico di modernità nel bridge, parte della canzone in cui la velocità del cantato è tale da farlo quasi somigliare al rap.
A livello testuale, il brano non si discosta molto dalla traccia precedente: Tori ammette ancora una volta di non essere perfetta e, quasi stuzzicando il suo fidanzato, gli chiede se è intenzionato a restare insieme a lei comunque. Il senso del brano ci è chiaro già dai primissimi versi: “If I said I’m difficult sometimes/ Say whatever comes to my mind/ Would you stay with me any anyway?” canta la bella Tori, mostrando al pubblico come questa sia appunto la situazione a cui il percorso intrapreso con questo album l’ha portata. Ci troviamo dunque davanti alla miglior fine auspicabile per un disco del genere.
Tirando le somme, concludiamo dicendovi che questo progetto ci è piaciuto molto: Tori appare come un’artista determinata, che sa bene a che indirizzo musicale rivolgersi e che riesce ad adottare uno stile spaziando al meglio al suo interno, senza focalizzarsi troppo su una singola corrente di quello stile: questo permette al disco di risultare coerente ma non monotono, ed è un elemento che di sicuro ci ha conquistato. Ottimo anche l’approccio intelligente dato alla scrittura dei testi ed il percorso emotivo intrapreso con le liriche degli ultimi brani: un lavoro sorprendente e ben fatto, che tolto qualche falla riesce sempre a conquistarci.
In definitiva, il livello generale del disco è davvero buono: di sicuro si potrà fare di più con i successivi, tuttavia ci troviamo davanti ad uno degli album di debutto migliori degli ultimi tempi. Tanto di cappello dunque a Tori, un talento che per fortuna sembra aver trovato anche un team che creda in lei.