Miley Cyrus, ecco la recensione track-by-track del nuovo album “Younger Now”, uscito lo scorso 29 settembre 2017
L’avevamo lasciata quattro anni fa, in piena ribellione adolescenziale e adesso è tornata completamente rinnovata: stiamo parlando ovviamente di Miley Cyrus, ex-stellina Disney e ormai popstar mondiale.
Come ben ricordiamo, nel 2013 Miley rilasciava Bangerz,
un album urban-pop pieno di controversie e soprattutto di ottimi spunti musicali. La stessa Cyrus, come avevano già fatto in passato Britney Spears e Christina Aguilera, voleva scrollarsi di dosso il personaggio da brava ragazza, per mostrare al mondo la sua libertà sessuale come donna forte ed indipendente.
Ma, a differenza delle due star citate in precedenza, Miley poté osare ancora di più, vivendo in un periodo più permissivo: infatti a causa di alcune sue performance volutamente troppo esplicite (dai nudi, alle droghe, al twerking fino ad arrivare alle coreografie che mimavano gesti pornografici), Miley fece indignare l’opinione pubblica che iniziò una vera gogna mediatica contro il suo personaggio volgare e diseducativo per i suoi fan preadolescenti.
Dopo la fine del suo scoppiettante tour, in cui quasi l’intero album veniva performato a discapito di molte hit passate ignorate, Miley pubblicò gratuitamente “Miley Cyrus & Her Dead Petz” in collaborazione con i Fleming Lips, progetto che si avvicinava al rock psichedelico, ma che non abbandonava gli eccessi del 2013.
Nonostante “Miley Cyrus & Her Dead Pets” fosse solo un progetto indipendente,
i critici pensarono che questo stile sarebbe stato in seguito utilizzato per l’album vero e proprio, ma si sbagliarono e di molto.
Con Younger Now, nuovo album uscito il 29 Settembre, Miley Cyrus ha deciso di voler stupire,
abbandonando l’hip hop e l’attitudine da bad girl e abbracciando la chitarra e le sue radici country. Molte cose sono cambiate in questi anni: se Bangerz era un tripudio di sentimenti e dolore (causato dalla rottura con il suo storico fidanzato Liam Hemsworth), Younger Now ha come fondamenta la serenità riottenuta grazie al ritorno di Liam e la coscienza sociale che ogni essere umano dovrebbe avere.
Tuttavia, come ben sappiamo, la maggior parte della musica iconica nei secoli è nata dal dolore e molto spesso la serenità e la tranquillità possono dar vita a dei progetti discografici poco accattivanti (lo stesso successe ad Alanis Morissette nel 2012 con il suo “Havoc and Bright Lights”), nonostante la qualità.
Se in Younger Now vi aspettate di trovare delle hit avete sbagliato progetto: l’abum è infatti un insieme di ottimi brani, scritti e prodotti dalla stessa Cyrus insieme a Oren Yorel, che non hanno alcuna pretesa di diventare hit, ma che si mostrano nella loro genuina semplicità.
Iniziamo la nostra recensione di Younger Now track-by-track:
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Younger Now
Ad aprire l’intero progetto è la title-track Younger Now, estratta come secondo singolo il 18 Agosto ed accompagnata da un video musicale dal sapore retrò e scanzonato che omaggia Elvis Presley.
Il brano è un manifesto d’intenti dedicato ai fan, una sorta di lettere musicata che spiega il suo cambiamento di rotta. Introdotta da un riff di chitarra che accompagna l’intero brano, Younger Now si presenta come una splendida mid-tempo pop-rock dai sentori anni ’70 (grazie alle percussioni e ai rif di chitarra nel ritornello). Inneggiando al cambiamento come qualcosa che porta sempre lati positivi nella vita, Miley si sente più giovane e libera rispetto al passato e non ha bisogno degli eccessi per sentire la giovinezza dentro di sè.
Definita dalla critica come “una delle canzoni più ascoltabili dopo il periodo Dead Petz“, è stata però tacciata come priva di alcun significato profondo e quindi a tratti banale. Dal punto di vista commerciale, Younger Now è stato un sonoro flop: riuscendo ad entrare a stento in top80 nella sua settimana di rilascio (alla #79 per esattezza), il brano è in seguito scomparso da tutte le classifiche mondiali di iTunes e di Spotify.
Nonostante il basso riscontro di vendite, YN rimane uno dei brani più esaltanti e convincenti del progetto. 4/5
Malibu
Si continua con il lead single della nuova Era: Malibu, rilasciata a Maggio, è forse l’unica hit che Miley potrà vantare nel 2017, avendo venduto all’incirca 4.4 milioni WW.
Anche in questo caso siamo di fronte ad una mid-tempo ma, al contrario di Younger Now, Malibu è un brano soft rock dolce, sorretto quasi interamente da arpeggi di chitarra e di banjo ed arricchito da bellissimi cori.
Le atmosfere sognanti e malinconiche ricordano il celebre brano omonimo pubblicato nel 1998 dalle Hole di Courtney Love, nel loro iconico album Celebrity Skin.
Se al primo ascolto possa sembrare banale o poco interessante, Malibu riesce a crescere, diventando una canzone perfetta da ascoltare in solitaria durante i momenti di relax.
Ancora una volta siamo lontani dai suoni aggressivi e danzerecci di Bangerz, ma riusciamo a goderci comunque la potenza e la dolcezza della nuda voce della cantante. 5/5
Rainbowland (feat. Dolly Parton)
La terza traccia è in collaborazione con la regina del country, nonchè madrina di Miley, Dolly Parton.
Rainbowland è introdotta da una registrazione della Parton sulla segreteria telefonica, nella quale si dice entusiasta di collaboare con la nashvilliana (il brano termina allo stesso modo).
A seguire il brano si fa intensamente country, con chitarre, banjo e piano ad accompagnare le due voci che cantano all’unisono per la maggior parte dell’esecuzione. Liricamente, Rainbowland è un inno all’accettazione reciproca, una sorta di desiderio onirico per una America interrazziale, senza odio e pregiudizi di sorta.
Nonostante il bel testo e il ritmo puramente country, il brano sembra quasi un filler o almeno troppo debole per essere una traccia di una standard edition. Inoltre la collaborazione non arricchisce il brano con diverse sfumature, ma per Miley, come lo è stato per Kesha nel suo Rainbow, avere come ospite Dolly Parton vuol significare un ritorno alle proprie radici musicali, non portando nulla di strabiliante al progetto. 2/5
Week Without You
Si continua con il secondo brano promozionale, estratta pochi giorni prima della release dell’album. Week Without You è una mid-tempo dal sapore squisitamente country-pop, in cui il ritmo sincopato delle percussioni e la linea di basso delineano uno splendido scenario sonoro, arricchito dalla voce della Cyrus che si fa espressiva e maliziosa.
Il brano racconta la liberazione momentanea da un amore brutale e la riappropriazione dei propri spazi personali. La stessa cantante ha spiegato il brano come una descrizione del periodo di separazione dal suo ragazzo Liam: secondo Miley, le separazioni possono essere positive per crescere come individui e per poter consolidare il sentimento di coppia in futuro. Nonostante liricamente sia abbastanza banale rispetto agli standard dell’album, Week Without You è un brano dal forte impatto sonoro e sicuramente tra i più godibili dell’intero lotto. 4.5/5
Miss You So Much
La traccia numero cinque è la prima vera ballad dell’album. Miss You So Much è retta dal piano e da una chitarra acustica per l’intera esecuzione ed è intervallata da riff di chitarra elettrica.
Ancora una volta si parla di amore e nostalgia e Miley lo fa con dolcezza e semplicità, con la mentalità di una bambina attaccata al suo giocattolo preferito che darebbe tutto per poterlo proteggere e per poterlo stringere continuamente a se.
Miley mostra il suo amore smisurato senza aver paura o timore, chiedendosi se alla fine di tutto ci sarà davvero il tanto sperato lieto fine. Rimanendo in tema con la semplicità del progetto, in Miss You So Much Miley mette a nudo se stessa e lo fa in maniera impeccabile grazie al suo talento lirico. 4/5
I Would Die For You
La seconda ballad del progetto è legata strumentalmente alla precedente: anche qui le chitarre fanno da padrone, ma il sound è più variegato, in particolare dalla seconda strofa in poi in cui si aggiungono le spazzole metalliche a scandire il ritmo e cori ad arricchire il tutto.
Miley finalmente racconta il suo stato d’animo dopo la rottura con Liam nel 2013, cosa a volte mascherata dagli eccessi nell’era Bangerz: la cantante ricorda come non riusciva a dormire a causa dei pianti notturni e si scusa per le parole taglienti usate contro il suo ex durante quel periodo perché in cuor suo ha sempre saputo che la cosa più importante della sua vita era lui, nonostante fosse rimasta inerme a guardare strappar via tutto ciò che insieme avevamo seminato.
Liricamente ricca di splendide metafore che rendono il tutto poeticamente malinconico, I Would Die For You è un altro esempio dell’estro lirico della cantante, talento nascosto nell’era precedente affollata da hitmakers. 4/5
Thinkin’
Finalmente Miley caccia fuori gli artigli nella travolgente Thinkin’: abbandonando il country e abbracciando il pop-rock con un’attitudine più aggressiva delle tracce precedenti, Miley porta a casa un bel risultato sonoro (il riff di chitarra ricorda molto il british indie pop del 2012), peccando però nel ritornello, ripetitivo e a tratti fastidioso.
Anche in questo caso ci troviamo di fronte ad un brano di interess melodico, ma banale nel testo; va comunque apprezzato il voler sperimentare un altro genere che le si addice perfettamente, pur non abbracciandolo completamente e rimanendo troppo ancorata ad orpelli troppo pop radio friendly. 3/5
Bad Mood
Cori apocalittici ovattati introducono l’ottava traccia di Younger Now, introducendo ancora una volta una semplice chitarra d’accompagnamento.
Anche in Bad Mood, Miley si fa più aggressiva e inizia a un canto liberatorio che trova la sua acme nel ritornello, in cui le percussioni si fanno potenti e preponderanti. Nella traccia ci sonodiversi spunti molto interessanti (i cori e l’uso delle grancasse) che avrebbero potuto creare una vera e propria perla, ma il brano si accartoccia su se stesso stancando dopo poco.
Bad Mood aveva tutte le carte in regola per poter esser prodotta in maniera migliore (magari con l’uso di sintetizzatori o tastieroni anni ’80), ma giustamente si è deciso di tenerla “grezza” per mantenere intatto lo stile dell’album. Buone intuizioni, cattiva produzione. 3.5/5
Love Someone
La terzultima traccia è Love Someone, dal beat potente e dagli echi delle chitarre elettriche che rimandano agli anni ’70.
Il brano mostra una Miley con un carattere da sassy girl, dalla vocalità sensuale e graffiante. Nonostante l’ottimo background delineato dalle percussioni e dal riff di basso, il brano non accenna mai a decollare come dovrebbe, anzi si indebolisce nel ritornello che diventa troppo pop per un brano appartenente ad un filone proto-indie.
Ancora un esperimento riuscito a metà per la nashvilliana a causa di un testo poco accattivante e di una produzione troppo debole. 3/5
She’s Not Him
Quando fu rilasciata la tracklist di Younger Now e i fan lessero il titolo della penultima canzone, furono molte le speculazioni che vennero fatte: c’è chi credette che il brano fosse dedicato a Donald Trump (il quale non sarebbe mai stato come la Clinton), altri invece credettero che i protagonisti fossero la stessa Hillary Clinton e Bernie Sanders, candidato sostenuto dalla Cyrus durante le primarie democratiche e poi sconfitto dalla Clinton.
In realtà il brano non affronta la politica di petto, ma è sicuramente importantissimo a livello sociale, in quanto parla di un amore pansessuale. Molto probabilmente Miley racconta il periodo in cui frequentava Stella Maxwell ed ammette che, pur provando un sentimento veritiero per la ragazza, non riesce comunque a non pensare al suo ex Liam perché, nonostante lei abbia cambiato la sua vita e la abbia arricchita, non sarà mai lui.
Anche in questo caso Miley fa ammenda per le cose orribili dette nel passato, ringraziando la ragazza ed augurandole di trovare il vero amore. Ancora un ottima ballad dal sapore dolce e malinconico. 3.5/5
Inspired
A chiudere il progetto ci pensa la bellissima Inspired, ballata tutta chitarra ed archi, dal sapore ancora una volta country-folk.
Rilasciata come primo singolo promozionale, Inspired è un inno potente e commovente per salvare la Terra.
Così come professato da Lana Del Rey nel suo recente brano Change, Miley parla di un cambiamento che nasce dal singolo individuo che non deve farsi abbattere dalla crudeltà del mondo, ma deve essere inspirato da essa per poter cambiare in meglio. Melodicamente old school, il brano è sicuramente il più potente dell’intero progetto, pur essendo una ballad. 5/5
Come avete potuto notare, le recensione totale del progetto è abbastanza positiva, nonostante non raggiunga il punteggio massimo.
Younger Now è sicuramente un prodotto non prettamente radiofonico pur rimanendo comunque legato al pop, ma ha l’ambizione di voler mischiare vari generi (dal country, al folk, fino al indie rock e al rock anni ’70), mantenendo comunque un nucle pop ben solido come linea guida. La grande pecca del progetto non è la mancanza di hit spacca-radio, ma la totale assenza di forza o grinta musicale (ci sono tracce aggressive, ma sempre relativamente rispetto all’intero album) e questa mancanza va a ledere sullo scopo finale che Younger Now aveva: attirare i giovani verso una musica che non si fa solo con il PC, ma che viene suonata con gli strumenti veri.
La troppa ripetitività del sound (un abuso della chitarra classica, che sarebbe potuta esser sostituita in alcuni casi da suoni più strong), la banalità di alcuni testi e la troppa ridondanza dei temi sono il tallone d’Achille dell’album.
Va però riconosciuto a Miley la grande capacità di riuscirsi a reinventare ad ogni era, esplorando nuove sonorità e ritornando sempre alle sue radici natie.
Questo suo modo di far musica però porta ad una grande confusione nell’ascoltatore, che non riesce mai a trovare un filo conduttore nella discografia: Miley aveva dichiarato che, essendo lei il produttore esecutivo, avrebbe posto dentro il progetto tutti gli insegnamenti appresi nelle ere precedenti, ma in Younger Now non c’è alcun rimando al ritmo urban di Bangerz (solo la traccia 4×4 è la più vicina alle nuove sonorità, pur rimanendo troppo esuberante per Younger Now) o all’elettropop di Can’t Be Tamed (non c’è neanche alcuna traccia della tanto citata The Climb 2.0).
Tirando le somme, Younger Now è sicuramente un buon progetto discografico che vede una Miley nuda e felice ed è il secondo miglior album con influenze country del 2017 (dietro all’acclamatissimo Rainbow di Kesha).
Dopo questa fase vedremo come la carriera di Miley riuscirà a mutare: ci stupirà nuovamente o rimarrà nella sua felice fattoria con la chitarra in mano? Solo il tempo saprà darci una risposta.
E voi cosa ne pensate di Younger Now? Preferite la nuova o la vecchia Miley?