Dopo 4 anni di attesa, finalmente è arrivato il momento di uno dei comeback più attesi del panorama pop. Stiamo parlando ovviamente di Katy Perry che, dopo il successo di Prism e soprattutto dei suoi estratti, si è concessa una lunga pausa artistica per poter creare un degno successore che non deludesse le aspettative.
Ritornata nell’estate 2016 con la mid-tempo Rise, creata come inno della XXXI Olimpiade, aveva alzato l’hype in maniera vertiginosa pur non riuscendo ad essere incisiva in classifica come al suo solito.
Il vero comeback è arrivato a febbraio con il singolo Chained To The Rhythm in collaborazione con Skip Marley che non è riuscito a diventare una vera e propria smash hit in USA (pur arrivando alla #4 della BBH100), ma facendo molto bene nel mercato europeo.
A questa si sono susseguiti due brani: Bon Appètit feat Migos (un vero e proprio fiasco tra critica e vendite) e Swish Swish feat Nicki Minaj (un singolo promozionale che non ha fatto scintille come si credeva).
Finalmente ieri 9 giugno è arrivato il tanto atteso Witness, quarto album della bella (e ormai bionda) californiana.
Prima di iniziare la recensione track by track, premetto che tenterò di fare un’analisi il più oggettiva possibile, in quanto stiamo parlando di un progetto importantissimo e molto atteso. Purtroppo in redazione siamo stati tutti unanimi nel ritenerci piuttosto spiazzati da questo lavoro. Ma procediamo con ordine e partiamo con la recensione:
1. Witness: La traccia apripista è la title track, una bellissima mid-tempo elettropop che si apre con un arpeggio di chitarra e continua con un beat fresco e movimentato, accompagnato da pianole anni ’80 nel memorabile ritornello. Il brano, prodotto dal sempre fidelis Max Martin in compagnia di Savan Kotecha, Ali Payami e la stessa Perry, è caratterizzato da un testo che ha il compito di trasmettere gli intenti per questo progetto: infatti la cantante cerca un “testimone che l’accompagni in questo viaggio” nonostante possa essere pieno di alti e (soprattutto) bassi, un accompagnatore che possa restarle al fianco in un progetto che indica una svolta rispetto a ciò che ha fatto precedentemente. Quindi Witness è un manifesto artistico per la nuova Era come lo era stato Consideration per ANTI di Rihanna. In generale il brano è un ottimo inizio, allegro e brioso e con un ritornello molto orecchiabile (molto particolare il bridge finale fischiettato che aggiunge un pizzico di carattere al brano). Sicuramente Witness è una delle tracce più convincenti dell’intero progetto e ha tutte le carte in regola per essere estratto come singolo. Promosso a pieni voti.
2. Hey Hey Hey: Il progetto continua con questa mid-tempo poco incisiva, prodotta da Martin, Perry, Payami e Sia (il suo contributo è molto evidente). Molto scorrevole nelle strofe e nel pre-chorus che parlano di self-empowerment (“A big beautiful brain with a pretty face yeah […] A hot little hurricane/ Cause I’m a feminine and soft but I’m still a boss yeah”), ma con un ritornello ritmicamente scontato, poco maturo e a tratti snervante, sorretto da un beat molto basico. La parte peggiore è sicuramente il bridge che anticipa l’ultimo ritornello che spezza l’energia del brano e in cui la Perry utilizza una timbrica acuta e cacofonica. Non mi soffermo su questo brano, in quanto lo reputo poco rilevante. Traccia filler.
3. Roulette: Arriviamo alla mid-tempo più potente del progetto: sto parlando di Roulette, brano dal sentore anni ’80 che non spicca per originalità, anzi ricorda nella produzione il brano I Like It Rough della collega Lady Gaga e molti altri brani dello stesso genere (dall’intro di Sweet Dreams degli Eurythmics alla base di The Final Countdown degli Europe). Roulette è un invito a lasciarsi andare, a giocare “al gioco della vita” senza esitazioni, abbracciando i rischi come un giocatore d’azzardo. Sicuramente il brano più indicato come prossimo singolo, Roulette ha tutte le caratteristiche per essere una hit: base anni ’80 e martellante, pre-ritornello interessantissimo e ritornello fresco ed orecchiabile. Molto grintosa inoltre l’interpretazione della Perry, che rende meno piatto l’organico del brano. Promosso a pieni voti.
4. Swish Swish (feat. Nicki Minaj): il brano pubblicato come promozionale il 19 maggio, vede una collaborazione sognata dai fan da anni. Il brano si apre con un campionamento di Star 69, brano di Fatboy Slim del 2000, che introduce una strofa molto melodica che si arricchisce in un secondo momento di un beat trascinante che ricorda l’house anni ’00 e ci porta dritti verso un ritornello scarno in cui la base EDM é protagonista. Il testo, che secondo la Perry è un inno contro i bulli, è forse in realtà un dissing (poco) velata contro l’acerrima nemica Taylor Swift che, anche il giorno della pubblicazione di Witness, ha deciso di fare un altro dispetto alla cantante californiana, pubblicando tutta la sua discografia sulle piattaforme streaming e scontandola anche su iTunes. Swish Swish, pur avendo un forte potenziale, non scorre come dovrebbe: già il passaggio dall’intro trascinante alla prima strofa porta ad un inceppo che si ripresenta tra la fine del pezzo di Nicki (il vero gioiello di questo brano, forse la miglior collaborazione della Minaj da molto tempo) e l’ultimo chorus. Inoltre il ritornello è assolutamente anonimo e la sua parte cantata (“Another one in the basket/ Can’t touch this”) è poco convincente e a tratti disturbante. I punti a favore di questa traccia sono sicuramente la grinta e l’energia che mancano in quasi tutti i brani di Witness. Forse con un buon video ed una massiccia promozione potrebbe ottenere qualche risultato, ma dopo un mese non ha convinto né la critica né i rispettivi fandom delle due star.
5. Déjà Vu: Parte la carrellata dei brani filler che infestano il centro di questo album: da alcuni snippet nei mesi passati, avevo avuto la possibilità di ascoltare il ritornello di Déjà Vu che, pur non convincendomi, mi aveva stuzzicato con il suo sound molto dark che ricordava la smash hit Dark Horse. In realtà in toto la traccia è assolutamente spenta, piatta e con un ritornello monotono e un beat sentito e risentito già in passato. L’unica nota positiva è l’utilizzo versatile della voce della Perry che rende meno cantilenante il tutto. Sarebbe stato un buon bravo riempitivo per un album di debutto di una cantante semi-sconosciuta, ma noi stiamo parlando di Katy Perry! Bocciato.
6. Power: I Katycats, una volta ascoltata la demo di Power (che in realtà si pensava si chiamasse Goddess) , avevano tutti riposto le loro speranze su questo pezzo che, evidentemente, aveva convinto al primo ascolto. In realtà Power è un brano che non decolla mai: si apre con intro in cui sassofoni e tamburi martellanti (un campionamento del brano Being With You di Smokey Robinson) introducono strofe che si trascinano a fatica in una lentezza sorretta da una buona base ipnotica. Il ritornello è leggermente interessante, ma la voce della Perry é troppo metallica e la base (con un sassofono anni ’80) non sorregge bene il tutto. Traccia evitabilissima e sfruttata malissimo, senza il minimo carattere e grinta. Bocciata.
7. Mind Maze: Non mi soffermo molto su questa traccia: è un tentativo pasticciato di sperimentazione mal riuscito con un massiccio uso di autotune, sentori EDM che si intrecciano con flebili sprazzi di house anni ’90, ma che nel complesso si rivela un totale disastro. Inoltre le troppe pause, i cambi di stile, la base monotona e piatta ci presentano un lavoro scialbo e confusionario. Bocciato (traccia peggiore dell’album)
8. Miss You More: Prima ballad del progetto e finalmente ritorna la cara vecchia Katy Perry: Miss You More è una splendida ballata romantica e malinconica (“I miss you more than I loved you/ I do”) in cui la cantante, sorretta da una base da carrillon, piano e leggere percussioni, mostra la sua grande passione. Sicuramente positiva la scelta di utilizzare un elettropop molto flebile per non contaminare troppo il tutto. Miss You More è il degno erede di Unconditionally e porta una scissione tra la prima e la seconda parte del progetto. Promosso.
9. Chained To The Rhythm (feat. Skip Marley): La seconda parte di Witness continua con il lead single di questa Era. CTTR é una bellissima mid-tempo dal sapore tropical scritta in collaborazione con Max Martin e Sia. Il brano è un inno al “no hate” e mostra la monotonia della società, ricca di apatia e di inconsapevolezza. L’uomo è secondo la Perry, inconsapevolmente schiavo, ma preferisce vivere nella sua comfort zone piuttosto che ribellarsi. Il brano é una protesta alla Presidenza Trump e alla sua xenofobia e omofobia (come abbiamo potuto vedere dalle molte esibizioni live). Inoltre il featuring con Skip Marley é sicuramente adeguato e rende la traccia più reggae e ritmica. Una traccia molto riuscita.
10. Tsunami: dopo il picco qualitativo, raggiunto con CTTR e MYM, ritorna un’altra traccia di cui avremmo fatto volentieri a meno: Tsunami è sorretta da una base elettropop anni ’90 molto interessante ma sfruttata malissimo; il risultato è un brano anonimo e scialbo. Altra traccia filler.
11. Bon Appètit (feat. Migos): Secondo estratto della Witness Era, Bon Appètit é una traccia trap-pop in collaborazione con i Migos dal sound sensuale e dal testo ammiccante e allusivo. Come ben sappiamo, il brano non è riuscito a conquistare né pubblico né critica (addirittura il fandom ne è rimasto deluso), ma dopo aver ascoltato l’intero album, capiamo che la scelta era fortemente motivata: Bon Appètit è forse uno dei pochi brani movimentati, allegri, sensuali e con potenziale commerciale (la scelta del featuring infatti non è stata casuale) e il fatto che sia stato un clamoroso flop (il più grande della carriera della Perry) ci fa capire che molto probabilmente sarà una Era senza smash-hit! Sicuramente Bon Appètit, essendo molto ripetitivo e privo di un ritornello potente, non è un brano immediato, ma dopo molti ascolti può rimane impresso e, nonostante il fiasco commerciale, trovo lodevole il fatto che l’organico della Perry abbia comunque pubblicato il suo videoclip. Insomma ascoltando “Witness” visto il piattume generale, questa traccia si arriva a rivalutarla!
12. Bigger Than Me: Ed eccoci arrivati alla traccia ispirata da Hillary Clinton, candidata alle Presidenziali fortemente sostenuta dalla Perry. Nel testo, sorretto da una base EDM molto interessante anche se stra-sentita, la Perry ci parla di una rivoluzione politico-culturale che sta arrivando, “qualcosa più grande di me” che la trascina e che non riesce ad ignorare. Nonostante il brano sia piacevole all’ascolto, non spicca e rimane abbastanza anonimo. Traccia filler, di nuovo.
13. Save As Draft: La terzultima traccia è una down-tempo sentimentale, accompagnata da un ritmo molto basico e da un pianoforte. Grazie alla semplicità della base, riusciamo a goderci la voce ricca di sentimento della cantante che racconta una storia ormai finita in cui la Perry “scrive, cancella, lo riscrive e poi salva tutto come bozza”. Save As Draft è una bellissima ed intima traccia e ci fa molto piacere sentire la Perry spogliata dai fronzoli elettropop. Promossa.
14. Pendulum: La penultima traccia è caratterizzata da una base EDM molto ritmata, caratterizzata da percussioni e rulli che movimentano il tutto. Il bellissimo testo è un inno a non arrendersi mai, ad incassare i colpi e ad andare avanti con forza e risolutezza. Il problema sta nel ritornello che non riesce ad essere incisivo o minimamente interessante, al contrario delle strofe (soprattutto la seconda che presenta un bellissimo coro gospel che arricchisce la traccia rendendola molto godibile). Sicuramente la bellezza del brano sta tutta nel coro gospel che la rialza dal piattume nel quale sarebbe potuto ricadere. Nonostante il ritornello anonimo, promossa.
15. Into Me You See: Witness si chiude con la terza ballad piano-voce che, come le precedenti, è caratterizzato da un cantato intimo e leggero. La grande pecca è la poca originalità che non permette una chiusura memorabile, ma molto anonima. Poteva essere una ballad con un carattere più grintoso a partire dal secondo ritornello per sfruttare al meglio il testo, ma ciò non è avvenuto. Purtroppo bocciata.
Tirando le somme, Witness è un album di pop puro senza fronzoli senza influenze, ma ha due grandi difetti: il primo è la lunghezza per ciò che propone (non è da tutti saper gestire 15 tracce senza annoiare e in questo caso il tedio è davvero sempre dietro l’angolo in quanto la basi, pur essendo molto interessanti, tendono a rendere molte tracce simili); il secondo è la massiccia presenza di tracce filler senza alcun elemento interessante (circa 6 su 12 tracce, escludendo ovviamente le ballad).
Nonostante Witness sia curato nella produzione e nei bellissimi testi, pecca “dell’elemento Katy Perry”, quel mix di allegria, sensualità e spavalderia che è stata sostituita da un pessimo tentativo di sperimentazione non avvenuta (l’unica differenza è la mancanza di ritornelli alla Teenage Dream e produzioni ammiccanti alla Prism). Più che una sperimentazione, trovo una involuzione, un voler mostrare a tutti i costi una maturazione che non c’è realmente stata (l’album politicamente impegnato tanto decantato in realtà contiene solamente pochi spunti etico-politici che non spiccano a causa della banalità strutturale della maggior parte dei brani).
Siamo sempre a favore del cambiamento e della maturazione artistica, purché si sappia quello che si sta facendo, il prodotto deve essere di livello, non è questione solo di radiofonicità o meno. Purtroppo siamo ben consapevoli che i fan più cocciuti della cantante ci accuseranno dicendo di apprezzare solo canzoni radiofoniche, ma le cose non stanno affatto in questi termini.
Complessivamente, Witness è purtroppo un album mediocre, dimenticabile e troppo pieno di riempitivi, non solo per essere un degno erede di Prism (che già non era stato un buon erede di Teenage Dream), ma come album in generale. Dopo 4 anni di attesa ci aspettavamo molto di più da Katy Perry che probabilmente ha confuso la maturità con il piattume più totale.
E voi cosa pensate di questo album? Delusi o sorpresi?