In un musicbiz in cui le case discografiche non sono più disposte ad investire moltissimo sui debuttanti, non è raro che un esordiente non possa pubblicare subito un album ma debba accontentarsi prima di un EP contenente pochissime tracce, anche quando questi è riuscito ad ottenere un successo moderato con il suo singolo di debutto. Questo è sicuramente il caso di Hailee Steinfeld.
L’artista ha debuttato come cantante con il singolo “Love Myself”, brano che ha dato i presupposti per poter tranquillamente generare una normale Era discografica, eppure la Republic Records le ha voluto far pubblicare soltanto un EP di 4 tracce intitolato “Haiz”, rilasciato tra l’altro nella giornata più calda dell’anno in cui non aveva la benché minima speranza di ottenere visibilità.
Tralasciando un attimo questo discorso, per analizzare il progetto dobbiamo approfondire un attimo la conoscenza dell’artista. Innanzi tutto, bisogna sapere che artisticamente Hailee non nasce come cantante. La Steinfeld fa parte da anni dello showbiz in qualità di attrice da anni, tant’è che ha iniziato a soli 11 anni ad apparire dinanzi alla macchina da presa, e qualche anni fa ha anche rischiato di beccarsi, giovanissima, un premio Oscar come attrice non protagonista.
La svolta è tuttavia arrivata proprio quest’anno grazie alla sua partecipazione al film “Pitch Perfect 2”, un film strettamente correlato al mondo della musica, tant’è vero che al suo interno Hailee esegue anche una cover di “Flashligh”, lead single estratto dalla colonna sonora del film ed interpretato dall’incredibilmente talentuosa Jessie J.
Ciò ha spalancato i suoi orizzonti verso il mondo della musica, e forse proprio per poter sfruttare al meglio il ritorno di popolarità avuto grazie al successo del film la Republic Records ha optato per un tipo di release che si può sicuramente confezionare in meno tempo. Detto questo, passiamo ora alla recensione vera e propria. Non essendo questo un vero album, non daremo una valutazione finale in stelle, così come non l’abbiamo fatto per il recente EP dei DNCE.
01. Love Myself. Partiamo subito alla grande con il lead single estratto dal progetto. “Love Myself” è una potente up tempo pop, una canzone decisa ed immediata caratterizzata da un messaggio ben preciso, insomma un brano perfetto sia per lanciare un disco che per lanciare una carriera.
Il testo si sofferma sull’importanza dell’amor proprio, su come una persona non abbia bisogno di qualcun’altro per essere felice e di come possa amare anche e soprattutto se stessa. Si tratta di di un vero inno, una composizione ricca di significato che può davvero aiutare qualcuno a riprendersi dopo una delusione d’amore, insomma un biglietto da visita ottimo che permette all’artista di assumere un’immagine da persona determinata, non da classica attrice che prova a fare musica a tempo perso.
A livello di sound, “Love Myself” inizia con un ritmo minimal scandito abilmente da una pianola elettronica e da una seconda voce che ripete HEY! ad intervalli regolari, un escamotage ottimo per accrescere l’appetibilità del pezzo. Nel ritornello, l’atmosfera iniziale viene poi arricchita da numerosi altri strumenti, che tuttavia non sovrastano completamente la struttura originale.
A livello vocale, la Steinfeld esegue una performance abbastanza decisa, con cui prova a far trasparire una gran la sicurezza di una ragazzina che vuole apparire disincantata ma non ci riesce appieno per via dei suoi anni. Questa impressione ci viene data sia dal suo modo di cantare che dalla fanciullezza del suo timbro, una caratteristica che le impedisce di creare un inno ultra grintoso che possa competere con brani di argomento affine come “So What” di Pink, “Stronger” di Britney Spears o “Fighter” di Christina Aguilera.
Sicuramente un ottimo debut single per una diciannovenne, “Love Myself” ha un ritmo che rimane memorizzato facilmente ed è cantata molto bene dalla sua interprete, che con il suo timbro delicato sa interpretare bene il testo sia quando canta nel registro medio che quando sale di nota. L’unica pecca è dunque l’assenza di grinta, un tallone d’Achille che impedisce al pezzo di far arrivare al meglio il messaggio racchiuso nei versi.
02. You’re Such A… Cambiamo il nostro giudizio per la seconda traccia del disco. “You’re Such A” è una midtempo avente molti aspetti in comune con la canzone precedente, ma che allo stesso tempo differisce da essa da altri punti di vista e, nel complesso, risulta meno efficace della precedente proprio per il poco carisma interpretativo dell’artista.
A livello testuale, il brano è una sorta di continuazione del precedente: se in “Love Myself” Hailee interpreta un inno all’amor proprio, qui si rivolge a colui che evidentemente era stato il suo amore in precedenza. Questa persona prova in tutti i modi a tornare a far parte della sua vita, cercando di corromperla e di sedurla con modi di fare dolci e melensi, ma lei lo schernisce e gli dice di no in maniera irremovibile, restando coerente con quanto cantato pochi minuti prima.
Il brano presenta, almeno in un primo momento, una struttura praticamente opposta a quella della precedente traccia: le strofe sono infatti caratterizzate da una struttura ben variegata e sicca di strumenti, mentre per i ritornelli ritorniamo ad un ritmo minimal, forse non troppo efficace per dei ritornelli. Inoltre, questa canzone risulta carente anche sul piano dell’originalità, in quanto le sue strofe fanno pensare un po’ troppo a brani come “Roar” di Katy Perry e “Brave” di Sara Barreilles.
Tuttavia, l’aspetto che ci ha convinto di meno di questa canzone è lo stesso che nel brano precedente avevamo definito unico tallone d’Achille: la scarsa grinta nell’interpretazione vocale. Qui la Steinfeld sembra una bimba che prova a risultare determinata e sicura, ma che non riesce a convincere per nulla l’interlocutore.
Per quanto il brano risulti catchy, questo difetto è un limite fortissimo che non ci permette di promuovere questa canzone, la quale con un testo del genere avrebbe dovuto essere cantata con una certa grinta per poterci convincere del tutto. Si tratta di un grosso passo indietro rispetto alla prima traccia…
03: Rock Bottom. Dopo uno scivolone non indifferente, la nostra Hailee riesce a recuperare moltissimo con la terza traccia, un brano che rende chiarissimo quello che è un concept del disco, il quale sembra essere costituito dalle diverse fasi che seguono la fine di un amore.
Se le tracce precedenti erano le fasi immediatamente successive al litigio, qui nella mente di Hailee inizia ad avvenire il rappacificamento: la Steinfeld inizia a chiedersi perché si deve litigare per il puro gusto di farlo, che bisogno c’è di innervosirsi, arrabbiarsi e dare vita a conflitti? Hailee in questa canzone riflette con una certa maturità su come questi litigi siano ragazzate, su come ad ogni “ti odio” seguirà sempre un “ti amo”, mettendo nero su bianco le dinamiche di una qualunque coppia di adolescenti.
A livello di sound, troviamo un’evoluzione rispetto ai brani precedenti. Il ritmo si basa su una struttura scandita da suoni e ritmiche diversi rispetto alle altre tracce precedenti: di base abbiamo un sintetizzatore che scandisce il ritmo con un fare quasi frenetico, ma come contrasto è presente una pianola che riesce a rendere dolce e soft questo sound. Come in “Love Myself”, anche qui il ritornello è la parte più energica e carica di suoni diversi, i quali si uniscono in un tutt’uno rendendo questa parte molto convincente e d’impatto.
Dato il repentino cambio d’impostazione testuale, Hailee qui riesce finalmente ad eseguire un’interpretazione perfettamente in linea con il testo. La performance vocale è impostata in maniera tale da far appunto trasparire le emozioni provate da qualcuno che prova a buttare acqua sul fuoco, e dunque risulta dolce e determinata nel contempo.
La parte migliore è, anche da questo punto di vista, proprio il ritornello, il quale risulta (ironia della sorte) interpretato con una determinazione ed una grinta che proprio non troviamo nelle altre tracce, segno di come la Steinfeld si trovi molto più a suo agio con un testo del genere che con quelli precedenti. Questa traccia è promossa assolutamente a pieni voti.
04. Hell Nos and Headphones. Concludiamo il nostro viaggio fra i sentimenti da ragazza che vuole apparire sicura di sé con una traccia che tutto sommato viaggia su un binario un po’ diverso rispetto ad i brani precedenti, restando nella stessa atmosfera generata dalle tracce precedenti ma cambiando il punto di vista.
A livello testuale, qui Hailee parla di come si ci sente in seguito alla fine di una relazione nel rapportarsi con gli altri, nell’avere tutte le attenzioni addosso senza desiderarle, dell’essere profondamente infastidita dagli sguardi indiscreti e da chi prova a tenerti allegro ed in compagnia quando tu vorresti stare semplicemente da solo. Si tratta di sentimenti comuni a molti, e che dunque tutti possiamo comprendere facilmente.
Il ritmo è sicuramente più particolare ed intrigante di quelli delle tracce precedenti: suoni elettronici e minimal che permettono alle parole cantate di essere assimilate per il meglio dominano nelle strofe, mentre i ritornelli sono caratterizzati altre ritmiche che si sovrappongono a quelle basilari. Anche qui troviamo una seconda voce che aiuta a scandire il ritmo ed a potenziare l’appetibilità della canzone ripetendo un intercalare, che in questo caso è un “a-ah” cantato in un registro più acuto rispetto a quello in cui si muove la lead voice.
In questa traccia troviamo forse la performance vocale migliore di tutto il progetto: Hailee appare completamente immersa nelle emozioni cantate, riesce ad interpretarle muovendosi abilmente tra il registro medio e note più alte, e le sensazioni comunicate all’ascoltatore sono quelle chiunque proverebbe nella situazione descritta nei versi. Il cantato di Hailee qui è molto più maturo rispetto alle tracce precedente, al punto che ci sembra quasi che questa traccia sia stata registrata molto tempo dopo rispetto a “You’re Such A”.
Ad ascolto completato, dobbiamo ammettere di essere rimasti piacevolmente colpiti da questo mini-progetto, un disco che sicuramente mette in luce quelli che sono i limiti di Hailee come interprete (in primis la poca grinta, il che le impedisce di risultare credibile con alcuni testi) ma che ne pone in rilievo anche le doti, sicuramente ottime per una ragazzina che si affaccia nel mondo della musica dopo aver fatto tutt’altro per anni.
Un fattore che abbiamo apprezzato molto in questo disco è il suo seguire un filo logico sia nei sound (parti minimal che si alternano a produzioni più corpose) che soprattutto nei testi, che ci descrivono in maniera meticolosa i vari stati d’animo che spesso si susseguono dopo la fine di una storia importante. Certo sarebbe stato interessante continuare questo viaggio per qualche altra traccia, ma come si suol dire “poco è meglio di niente”.
Vedremo come continueranno le cose per questa ragazza. Noi speriamo che possa buttarsi al più presto in un progetto discografico vero e proprio, ma da quello che sappiamo potrebbe anche dedicarsi prima a qualche altro lungometraggio. L’ideale, a nostro avviso, sarebbe una via di mezzo: buttarsi in un musical che le permetta di insistere su entrambi i lati della sua artisticità, a magari ottenere un buon successo sia da un lato con il film che dall’altro con la soundtrack…
Voi che ne dite di questo progetto, ne siete soddisfatti?