In questa nostra grande carrellata a cavallo dei decenni abbiamo parlato di tantissimi artisti legati a un fenomeno piuttosto triste e allo stesso tempo molto comune nella storia della musica Pop: quello di diversi cantanti e musicisti che, dopo aver registrato un grandissimo successo con una hit mondiale, non riescono assolutamente a lanciare una carriera che possa replicare i riscontri raggiunti da quell’unico singolo. Proprio questi sono gli one hit wonder di cui vi abbiamo parlato già in passato e di cui torniamo a parlare anche in questo articolo.
Nonostante il radicale mutamento del panorama musicale dei giorni nostri (dove ormai all’economia basata sulle vendite si è sostituita quella del consumo in streaming e dei numeri di visualizzazioni), la presenza di one hit wonder è sempre rimasta immutata. La cosa sembra piuttosto strana, visto che l’ascoltatore di oggi, grazie all’autonomia data dalle nuove piattaforme musicali, potrebbe al contrario riuscire a far partire, da una sola hit di grande successo, una grande carriera (al contrario del passato, dove spesso il pubblico era “costretto” alle scelte di radio e canali televisivi). Eppure, oggi come allora, di one hit wonder continuano a esserci, e spesso per le ragioni più disparate: un impatto che non fa legare la hit al proprio nome, un’immagine artistica troppo debole o, a volte, il fatto di seguire il flusso di una moda passeggera.
Oggi, proprio per vedere i diversi esempi nel corso del tempo, affronteremo nella nostra carrellata altri 10 nomi di cantanti che non sono riusciti a lanciarsi nell’industria discografica rimanendo per sempre ancorati all’appellativo di one hit wonder. Volete sapere quali sono state le nostre scelte? Continuate a leggere e lo scoprirete!
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Ecco 10 meteore famosissime degli ultimi decenni.
Mr. Probz – Waves (Robin Schulz Remix)
Cominciamo la nostra lista di oggi con un cantante/rapper olandese che, dopo aver incominciato la sua carriera nel 2005 e aver ottenuto piccoli riscontri soltanto in patria, riuscì nel 2014 a diventare popolarissimo a livello mondiale grazie a un suo brano rilasciato l’anno precedente e remixato da uno dei DJ più famosi degli ultimi anni, Robin Schulz.
Stiamo parlando di Mr. Probz, e il singolo in questione era la House track Waves.
Il giovane cantante olandese Dennis Princewell Stehr (il suo vero nome), prima della sua grande hit mondiale, era riuscito ad avere un successo molto modesto nei soli Paesi Bassi, soprattutto con il debut album The Treatment (che nel 2013 in patria raggiunse la numero 12) e con l’aiuto di una manciata di singoli in cui era apparso come featured artist (entrati quasi tutti nei gradini più bassi della Dutch top 100). Riscontri maggiori riuscirono ad arrivare grazie al singolo Waves, una track dal lento ritmo R&B che riuscì a toccare le prime 10 posizioni delle chart non soltanto in Olanda, ma anche in Belgio, uscendo poi dai confini europei e arrivando in Australia, Nuova Zelanda e Sudafrica.
Vista però la grande potenzialità del brano, il DJ tedesco Robin Schulz (che in periodi successivi sarebbe riuscito a confezionare altre grandi hit quali Prayer in C e Sugar) nel 2014 decise di rimaneggiare la base del brano, trasformandolo in una perfetta track Deep House dalle forti influenze Folk (cosa che aveva fatto il successo di Avicii soltanto l’anno precedente) e rilasciandolo il 4 febbraio dello stesso anno. Da quel momento in poi Waves conobbe una fama mondiale incredibile.
Il singolo arrivò alla numero 1 nella chart europea e riuscì a esplodere nelle top 10 e top 20 di oltre 25 Paesi in tutto il mondo (arrivando alla numero 10 in Canada, alla 14 nella Billboard Hot 100 statunitense e alla numero 1 in Regno Unito), ottenendo quasi ovunque il disco di platino o il multiplatino (in UK e in USA principalmente, e nel nostro Paese arrivò ad averne 3), grazie anche all’enorme supporto dello streaming (ad oggi su Spotify il brano conta quasi 400 milioni di stream).
Tuttavia, dopo Waves, Mr. Probz non è più riuscito a sfondare: il follow up Nothing Really Matters raggiunse buone posizioni in alcune chart europee, ma calò velocemente nelle chart, mentre il singolo Another You del 2015 (in cui compariva come featured artist del brano di Armin Van Buuren) riuscì solo in Olanda a sfiorare la top 20, relegando il cantante olandese ad essere uno dei tanti casi di one hit wonder degli ultimi anni che riescono ad ottenere un’incredibile popolarità grazie a un solo remix prodotto da un nome noto della Dance (casi simili si sono verificati per brani quali Cheerleader di Omi o My Head Is a Jungle di Emma Louise).
Mis-Teeq – Scandalous
Passando al secondo artista del nostro articolo troviamo un gruppo inglese formato da 3 cantanti che purtroppo, anche a causa di successi molto traballanti e di una direzione artistica imprecisa, riuscì a collezionare in 6 anni di carriera (dal 1999 al 2005) due album di scarso successo e alcuni singoli di cui solo uno divenne di grandissimo spicco, ossia la uptempo Electro-R&B Scandalous.
Stiamo parlando delle Mis-Teeq, trio formato dalla rapper Sabrina Washington, dalla backing singer Su-Elise Nash e dalla cantante Alesha Dixon (l’unica che è riuscita ad emergere maggiormente tra le tre, essendo oggi giudice di Britain’s Got Talent). Dopo un primo album che era riuscito ad avere un moderato successo soltanto nella madrepatria britannica, le Mis-Teeq per il loro secondo lavoro in studio Eye Candy vollero mantenere la stessa direzione musicale (una fusione di Elettronica, R&B e Garage Rock britannico) mischiando però questi ingredienti in un singolo di maggiore impatto rispetto ai precedenti, ossia Scandalous.
Il singolo si rivelò un successo incredibile:
raggiunse le top 10 di molti Paesi europei (tra cui la 2 in UK e la 3 in Irlanda), vinse alcuni dischi d’argento e di platino ma, soprattutto, fu scelto come singolo di lancio del gruppo britannico negli Stati Uniti, dove ottennero la 35esima posizione (risultato ottimo, considerato l’atteggiamento del pubblico americano, che snobba spesso e volentieri artisti che non provengono dal loro Paese).
Scandalous, inoltre, si consacrò come hit anche grazie ai numerosi inserimenti del brano in diversi spot e colonne sonore: divenne infatti non solo il tema delle pubblicità di Coca Cola e di Armani Code, ma addirittura riuscì a diventare theme song del film Catwoman del 2004, sottraendo il titolo a Outrageous di Britney Spears.
Il futuro per il trio, tuttavia, si rivelò tutt’altro che roseo: i singoli successivi non ebbero alcun riscontro neppure nel Regno Unito, cosa che, visti anche gli scarsi risultati del secondo album, portò le ragazze allo scioglimento del gruppo, dopo il rilascio di due greatest hits (uno per il mercato americano, un altro per quello europeo). Destino simile capitò ad una di loro nel corso della sua carriera da solista, ossia ad Alesha Dixon: la cantante del gruppo riuscì infatti ad emergere solo con la famosissima hit The Boy Does Nothing, per poi rivelarsi anche lei una one hit wonder, fallendo sul versante degli album e dei singoli successivi.
Daniel Bedingfield – If You’re Not The One
Rimaniamo sempre nel segno del Pop britannico anni Duemila passando a un artista che, dopo due primi singoli dalle fortissime atmosfere Garage con buoni riscontri nella madrepatria inglese, decise di cambiare la sua scelta per il terzo singolo con una ballata Teen Pop/Soul che spopolò in tutto il mondo conquistando la vetta di parecchie chart.
Stiamo parlando della stupenda If You’re Not The One, cantata da un allora giovanissimo esordiente Daniel Bedingfield.
Il cantante britannico aveva esordito nel novembre 2001 con il singolo Gotta Get Thru This, rivelatosi un buon successo in patria e primo estratto dall’omonimo album, uscito a quasi un anno di distanza e che debuttò in tredicesima posizione nel Regno Unito. Il pochissimo riscontro ottenuto dal suo primo lavoro nelle prime settimane spinse Daniel a rilasciare un secondo singolo, James Dean (I Wanna Know), che, nonostante una quarta posizione in UK, non riuscì a replicare i risultati del precedente né a risollevare di molto la situazione.
A quel punto Bedingfield decise di proporre al pubblico una svolta decisiva per il terzo estratto, proponendo a novembre 2002 un brano che non sembrava essere tra i suoi preferiti (vista la vicinanza al sound Teen Pop di boyband quali Boyzone e Westlife che contrastava con il predominante stile Garage), ma che piaceva parecchio alla sorella (la cantante di Unwritten Natasha Bedingfield) e sarebbe sicuramente stata più appetibile per le classifiche Pop dei primi anni Duemila. Da questi presupposti, a novembre 2002, venne rilasciata If You’re Not The One, una ballad che ebbe un successo stratosferico.
Il brano non solo schizzò in prima posizione nella madrepatria inglese, ma riuscì anche ad entrare nelle top 10 e top 20 di tutto il mondo (godendo di un’ottima numero 8 nella European Chart, di una 6 in Canada e, soprattutto, di una grandiosa 15esima posizione negli USA, dove spesso le classifiche sono ostili agli artisti non statunitensi) e ad ottenere diversi dischi d’oro e di platino (il più importante fu sicuramente il risultato raggiunto in patria per le 600.000 copie vendute dal singolo). Inoltre, If You’re Not The One ebbe il merito di far risalire nelle chart mondiali non solo gli altri due singoli, ma anche l’album Gotta Get Thru This (che grazie alla famosissima ballata riuscì ad ottenere 5 dischi di platino in UK e l’oro negli Stati Uniti).
Purtroppo, però, Daniel Bedingfield non riuscì più a replicare quello stratosferico successo: i singoli successivi ebbero qualche riscontro positivo solo in Regno Unito, e il secondo album Second First Impression ebbe un moderatissimo impatto in patria, ma passò praticamente inosservato nel resto del mondo, facendo di Bedingfield, a soli 25 anni, una delle one hit wonder dal peggiore tracollo di popolarità a livello internazionale e fermando gli sviluppi futuri della sua carriera musicale (ha presentato nuova musica solo nel 2012 e, fino ad allora, si era dedicato soltanto all’attività di songwriter per i concorrenti provenienti da talent quali American Idol e X Factor).
Billie Myers – Kiss The Rain
Facciamo un passo indietro al decennio precedente e arriviamo al 1997, anno in cui una cantante britannica dalle origini giamaicane e dal timbro caldissimo e carico di sfumature debutta sulle scene musicali, all’età di 26 anni, con un singolo Adult Contemporary dai profondi influssi Soft Rock oggi diventato un classico e un must per tutti i grandi amanti degli anni ’90! Di chi stiamo parlando? Ovviamente della bravissima Billie Myers e del suo capolavoro Kiss The Rain.
La giovane cantautrice inglese, scoperta in un nightclub dal produttore Peter Harris, firmò un prestigiosissimo contratto con la Universal e in tempo record ultimò il suo primo album in studio Growing, Pains, che fece il suo debutto sulle scene musicali mondiali il 18 novembre 1997. Per riuscire però a sfondare Billie aveva bisogno soprattutto di un singolo che potesse subito renderla riconoscibile nelle classifiche, grazie non solo alla sua stupenda voce, ma anche a un sound deciso e inconfondibile. Proprio per questo la cantautrice decise di affidarsi alle abili mani del celebre Desmond Child (celebre autore di grandi perle Rock quali Livin’ on a Prayer dei Bon Jovi o Crazy degli Aerosmith), con cui scrisse e produsse una ballad di grandissimo impatto, dedicata a una dolorosa rottura amorosa, dal nome di Kiss The Rain.
La track ebbe un notevole riscontro mondiale.
La Soft rock ballad raggiunse le top 10 e le top 20 di tutto il mondo (la numero 4 in UK, la 15 in USA e anche un’ottima 7 in Italia, dove il brano ricevette una buona rotazione radiofonica) anche grazie ad un metodo di promozione usato da molti artisti esordienti nei Paesi anglofoni: l’utilizzo del brano in colonne sonore di pubblicità e serie TV. Così, grazie all’inserimento di Kiss The Rain nel popolarissimo Teen Drama Dawson’s Creek e in numerosissimi spot, il singolo riuscì a farsi avanti e a tener testa ai primi posti nelle classifiche anche nel corso del 1998, riuscendo anche ad aiutare le vendite dell’album.
Tuttavia non è tutto oro quello che luccica: la Myers tentò con il secondo singolo Tell Me di continuare la strada verso il successo, ma purtroppo non riuscì ad avere che un tiepido riscontro nelle chart inglesi (dove il brano si fermò alla posizione 28), così come i due successivi album in studio passarono completamente inosservati, rendendo così Billie una delle one hit wonder più talentuose e purtroppo più sfortunate dell’industria musicale degli ultimi 20 anni.
Gary Go – Wonderful
Facciamo ancora una volta un salto in avanti nel 2009, quando un cantautore ventitreenne originario di Wembley emerse nel panorama musicale europeo con una riuscitissima midtempo Pop Rock di gusto Synth Pop anni ’80 che spopolò in moltissimi Paesi ma riuscì soprattutto a conquistare il pubblico italiano grazie all’appannaggio delle stazioni radiofoniche e all’enorme rotazione televisiva del suo particolare videoclip.
Ci riferiamo ovviamente a Gary Go, e alla sua meravigliosa Wonderful.
Il giovane cantante inglese, da sempre appassionato di musica e di scrittura (grazie soprattutto al suo idolo David Bowie), aveva tentato già dal 2007 di inserirsi nelle scene musicali, non soltanto fondando la propria etichetta discografica The Canvas Room, ma anche pubblicando, a soli 21 anni, un primo EP dal titolo The Diary of Rodney Harvey (dedicato al giovane attore statunitense scomparso a soli 31 anni). Grazie alla buona visibilità acquistata, Gary firmò un contratto per la Decca Records (affiliata alla Universal) e cominciò nel 2008 ad apparire in opening act di artisti britannici quali The Script e Amy Macdonald e a incidere il suo primo album in studio, che si sarebbe intitolato Gary Go e sarebbe uscito il 26 maggio 2009.
Per promuovere e consacrare il suo esordio Gary Baker (vero nome del cantante di Wembley) decise di rilasciare come primo singolo uno dei brani più rappresentativi dell’album, ossia Wonderful, sia scritto che prodotto da lui e rilasciato a marzo del 2009. Per un semplice esordiente come lui la track ebbe un successo strabiliante.
Wonderful riuscì ad arrivare in patria alla numero 25, ma soprattutto riuscì a stazionare per parecchie settimane nella top 10 italiana, dove toccò il suo peak alla numero 6 grazie a numerosissimi passaggi in radio e canali musicali ma anche grazie all’inserimento del brano in diversi spot della Rénault Clio (diventerà poi colonna sonora di numerosi trailer e programmi televisivi, quali American Idol o l’Eurovision del 2011). Inoltre, il brano riuscì a conseguire buoni risultati anche negli Stati Uniti, dove divenne una hit nella Adult Contemporary Chart e dove ebbe un ottimo passaparola grazie alla popstar Lady Gaga, che definì Gary il suo nuovo artista preferito dell’anno.
Dopo lo strepitoso successo di Wonderful Gary Go non è riuscito più ad avere dei riscontri commerciali così stratosferici: il follow up Open Arms passò inosservato, e ogni lavoro futuro (a parte il brano Cinema di Benny Benassi, in cui però figurava come featured artist) non darà giustizia al giovane Baker, divenuto in breve una one hit wonder di cui sarebbe stato davvero bello scoprire a pieno le potenzialità artistiche e commerciali (vista l’originalità del suo stile musicale).
Gabriella Cilmi – Sweet About Me
Dopo una grande carrellata di artisti made in UK passiamo ora a una giovanissima cantante australiana di origini calabresi che riuscì a segnare il suo debutto musicale nel 2008 grazie ad una celebre hit Soul/Country che ad oggi rimane ancora il suo brano più significativo, apprezzato e conosciuto dal pubblico Pop. Stiamo parlando della talentuosa voce di Gabriella Cilmi e del suo grande successo Sweet About Me.
La Cilmi, che già fin da piccola aveva sviluppato la sua passione per la musica (ascoltando i classici di grandi nomi quali Cat Stevens, Led Zeppelin e Nina Simone), cercò fin da subito di entrare in quel mondo diventando la lead singer di una cover band. Quando poi, appena teenager, la sua voce venne notata dalla Warner, la sua vita cambiò completamente: la giovanissima Gabriella si trasferì a Londra, firmò un contratto con la Island Records e cominciò nel 2005 le registrazioni del suo primo album, Lessons to Be Learned, che sarebbe stato rilasciato solo 3 anni dopo.
Per lanciare la cantante a livello mondiale, la label inserì uno dei brani, ossia Sanctuary, nella colonna sonora del film St. Trinian, ma, per il vero e proprio lancio, Gabriella scelse una track dalle forti influenze Soul e Country di ottima fattura e che dai critici venne subito accostata allo stile della grandiosa Amy Winehouse, ossia Sweet About Me, scritta dalla stessa Cilmi assieme agli Xenomania (celebri per la collaborazione decennale con le Girls Aloud), anche produttori del brano.
Il singolo ebbe un successo pazzesco a livello mondiale.
Grazie alla rotazione radiofonica, all’inserimento nelle soundtrack di diverse pubblicità e perfino in quella del videogioco The Sims 2: Live with Friends (dove la cantante registrò il singolo tradotto nella lingua dei Sim), Sweet About Me arrivò nelle top 10 di tutta Europa (toccando la numero 9 in Francia, la 6 in Regno Unito, la 4 in Italia e la 2 in Germania), ma anche in Australia (dove arrivò alla numero 1), mentre negli Stati Uniti riuscì comunque ad entrare nella classifica dei 100 brani Pop più venduti. Inoltre, grazie al successo nelle chart, la canzone raggiunse anche parecchi dischi d’oro e di platino in tutto il mondo (nelle sue due patrie, l’Australia e l’Italia, il singolo non ebbe problemi a essere certificato disco di platino dopo pochissimo tempo).
Tuttavia il boom iniziale di Gabriella non riuscì a trasformarsi in un successo duraturo: nonostante l’album Lessons to Be Learned ebbe buoni riscontri grazie al successo di Sweet About Me, il resto dei singoli non riuscì ad avere il medesimo impatto della grande hit, così come i lavori e i brani che vennero estratti negli anni a venire (solo On a Mission arrivò al disco d’oro nella natia Australia), condannando la Cilmi, una delle voci più strabilianti degli ultimi anni, a subire il crudele destino delle one hit wonder.
Hozier – Take Me to Church
Arriviamo ora ai giorni nostri e spostiamoci in Irlanda, terra natale di un giovane cantautore Indie Rock che nel 2013 incise un brano dalle forti influenze Blues e Soul che riuscì ad avere solo l’anno successivo un impatto mondiale grandissimo mantenutosi praticamente intatto fino alla prima metà del 2015.
Il brano in questione è ovviamente Take Me to Church dell’irlandese Hozier, classe 1990.
Il cantautore, già ispirato dal padre musicista Blues, ha da sempre coltivato una grande passione per la musica, talmente forte da spingerlo ad abbandonare completamente gli studi universitari per registrare alcune demo da inviare alla Universal, che, visto il talento del giovane Andrew Hozier-Byrne, lo mise sotto contratto. Proprio per farsi avanti nella giungla dell’industria musicale, il cantautore cominciò nel 2013 a lavorare al suo EP di debutto e, ispirato da un tema sensibilissimo quale il rapporto tra Chiesa cattolica e amore omosessuale, diede vita in una notte passata nella sua mansarda al singolo Take Me to Church, che uscì il 13 settembre 2013 assieme all’omonimo extended play.
All’inizio il brano non riusciva ad ingranare nelle chart mondiali (solo nella natia Irlanda la track cominciò a dare i suoi buoni frutti), ma il video ufficiale, che dopo alcuni mesi divenne virale su YouTube, cambiò le sorti di Take Me to Church, trasformandola in un enorme successo. Il singolo arrivò in top 10 praticamente ovunque a cavallo tra 2014 e 2015 (raggiunse la 4 in Canada, la 2 in UK, Irlanda, Francia e USA e la 1 in Belgio, Polonia e Italia) e arrivò in quasi tutto il mondo al disco di platino (2 ne ebbe in Regno Unito, 5 negli Stati Uniti, 6 nel nostro Paese e addirittura 8 in Canada), diventando uno dei brani più ascoltati su Spotify di sempre (con i suoi quasi 600 milioni di stream).
Purtroppo il resto dei lavori di Hozier non è riuscito a replicare lo stratosferico successo del suo debut single: nonostante infatti i buoni riscontri del primo album Hozier, gli altri singoli hanno avuto davvero bassi riscontri (fatta eccezione per l’Irlanda e per alcuni altri Paesi per il brano Someone New, che comunque ha avuto un impatto molto ridimensionato rispetto al primo singolo) e sembrerebbero aver ridimensionato molto la sua carriera, che però, anche se potrebbe farlo rimanere una semplice one hit wonder in ambito Pop, potrebbe comunque continuare ad avere buoni riscontri nelle scene Alternative.
Wankelmut & Emma Louise – My Head Is a Jungle
Restiamo sempre nell’anno 2013 e voliamo in Australia, terra natia di una talentuosa voce Indie che, come parecchi cantanti del nostro decennio, è riuscita a trovare il successo grazie al remix di un brano che non aveva avuto nessun rilevante riscontro ma che aveva delle grandissime potenzialità da sfruttare per esplodere nelle chart.
L’artista in questione si chiama Emma Louise, con il suo singolo My Head Is a Jungle prodotto dal DJ tedesco Wankelmut
(già dietro il grande successo di One Day/Reckoning Song di Asaf Avidan).
La giovanissima cantante australiana, a soli 20 anni, aveva rilasciato il suo primo EP Full Hearts & Empty Rooms, da cui aveva estratto, nel 2011, il primo singolo Jungle, una bellissima track Electrofolk dalle venature anni ’60 che non riuscì ad avere rilevanti riscontri (riuscì ad entrare in quell’anno solo nella top 100 olandese, ma solo in ultima posizione). Anche il successivo Boy del 2012 non entrò in nessuna chart. Tuttavia, vista la grande forza della track, il DJ Wankelmut, reduce dall’enorme successo ottenuto con il remix di Asaf Avidan, volle tentare il tutto per tutto scommettendo sul brano di Emma Louise, di cui non volle snaturare gli elementi Folk ed elettronici aggiungendo solo un beat House/Techno alla base (lasciando quasi del tutto inalterati i meravigliosi vocal) e rinominandolo My Head Is a Jungle.
Il nuovo remix, pubblicato all’inizio del 2013, si rivelò da subito un successo stratosferico. Il brano arrivò non solo in top 5 in diversi Paesi (tra cui Regno Unito, Scozia e Italia), ma fu poi anche inserito in diverse soundtrack (tra cui quella della serie TV Wentworth e quella dello spot del profumo Black Opium) e riuscì anche a far risalire nelle classifiche la versione originale, che a cavallo tra 2014 e 2015 toccò la numero 17 in Belgio e addirittura la 3 in Francia. Grazie alla grande rotazione radiofonica ottenuta, My Head Is a Jungle riuscì anche ad essere certificato disco d’oro in UK e doppio platino nel nostro Paese.
Purtroppo, al di là di questa grande hit, la carriera di Emma Louise non è riuscita mai a decollare. Tutti i singoli estratti dai suoi primi due album, vs Head vs Jungle e Supercry, non sono purtroppo riusciti ad entrare in nessuna classifica singoli, condannando un grande talento come Emma Louise a rimanere solo una one hit wonder (forse complice anche il sound del noto remix, troppo legato alle mode del momento e realizzato poco in prospettiva di uno sviluppo di una carriera di successo futura).
Of Monsters and Men – Little Talks
Per il penultimo nome della nostra lista facciamo un piccolo salto indietro di un anno e andiamo in Islanda, la patria dell’eclettica Bjork, per scoprire un talentuoso gruppo che realizzò uno dei singoli che più ha spopolato nelle radio, su YouTube e nei canali televisivi di tutto il mondo grazie alla sua calda energia Indie Rock che ci tenne compagnia durante il 2012.
Ci riferiamo ovviamente agli Of Monsters and Men e alla loro celebre hit Little Talks.
La band, nata nel 2010 dall’intento di allargare il progetto solista della lead singer Nanna Bryndís Hilmarsdóttir, dopo i buoni riscontri ottenuti in piccoli tour e competizioni musicali islandesi, firmarono il loro contratto con la Universal e cominciarono subito a scrivere i testi e le basi del loro primo album, My Head Is an Animal, uscito all’inizio solo in Islanda a settembre 2011. Per promuovere invece il loro debutto a livello internazionale, il gruppo decise di estrapolare 4 brani dal loro primo disco per poter creare l’EP Into The Woods, nel quale gli Of Monsters and Men avevano inserito anche il loro singolo Little Talks, che venne rilasciato il 20 dicembre del 2011 (stessa data d’uscita dell’EP) e che si rivelò uno stratosferico successo mondiale.
Il brano, infatti, riuscì non solo ad ottenere dei grandissimi riscontri in tutto il mondo, entrando nelle top 10 e top 20 di moltissimi Paesi (arrivò alla 20 negli USA, alla 12 in UK, alla 7 in Australia, alla 3 in Italia e alla 1 in Irlanda e Islanda), e ad arrivare a numerosissimi dischi d’oro e di platino (negli Stati Uniti conseguì ben 4 platini, in Australia 5, mentre in Italia 2), ma anche a far avvenire il rilascio del loro album in tutto il mondo (riuscendo anche qui a vendere molte copie grazie al successo del singolo). Inoltre l’originale video, che prende spunto dalla mitologia nordica, riuscì in breve a toccare i 100 milioni di visualizzazioni su YouTube.
Tuttavia, il futuro degli Of Monsters and Men non si rivelò radioso. Gli altri singoli estratti dal loro primo album cominciarono a poco a poco a ridimensionarsi nelle chart, e gli estratti del seguito Beneath The Skin hanno continuato ad avere piccoli riscontri solo nella natia Islanda, facendo così di Little Talks la loro unica hit mondiale della loro carriera (vedremo anche gli sviluppi futuri, anche se replicare un successo così sarà davvero difficile per il loro gruppo).
ATC – Around The World (La La La La La)
Chiudiamo la nostra terza carrellata dedicata alle one hit wonder facendo di nuovo un viaggio indietro nel tempo: siamo nella Germania del 2000, anno in cui un quartetto formato da un’australiana, una britannica, un neozelandese e perfino un italiano riuscirono a emergere grazie a un singolo Eurodance, cover di un brano russo chiamato Pesenka, diffusissimo tra radio e club di tutto il mondo. Stiamo parlando dei A Touch of Class (meglio conosciuti come ATC) e del loro famosissimo brano Around The World (La La La La La).
Il gruppo di amici, conosciutosi ad Amburgo durante i lavori all’edizione tedesca del musical Cats, decise di virare fin dall’inizio della sua carriera alla Dance made in Europe, e, per inaugurare il loro debutto sulle scene musicali, scelse di registrare la cover di un singolo del 1998 che non era riuscito ad avere nessun riscontro a livello mondiale. Con i piccoli rimaneggiamenti alla base e al beat realizzati dal produttore Alex Christensen nel 1999, il singolo di debutto degli ATC fu finalmente pronto per uscire, il 9 maggio del 2000, con il nome
Around The World (La La La La La).
Il singolo si rivelò un successo strepitoso. Riuscì in breve ad arrivare nelle top 10 e top 20 di tutto il mondo (in Italia ebbe la posizione 16, in UK la 15 e la 1 in Germania e Austria) e addirittura a toccare un importante 28esima posizione negli States (spesso ostili alle sonorità Dance), con annessi dischi d’oro e di platino in diversi Paesi europei. Inoltre, la track degli ATC si rivelò anche uno dei brani più venduti e ascoltati in molti Paesi europei nell’anno 2000 (in Austria, infatti, ottenne la medaglia di bronzo).
Dopo quell’enorme hit, la carriera degli ATC seguì una lenta ma inesorabile discesa. Il secondo singolo My Heart Beats Like a Drum (Dum Dum Dum) fu un successo solo in Germania (dove arrivò al disco d’oro), ma il resto dei brani estratti anche dal loro secondo album furono un fiasco a livello commerciale, spingendo il gruppo a separarsi definitivamente e a rimanere semplicemente una delle maggiori one hit wonder dello scorso decennio.
Ora che abbiamo passato in rassegna tutti gli artisti, diteci la vostra!