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Recensione di Glory, l’ultimo disco di Britney Spears
Finalmente è uscito in tutti gli store fisici e digitali l’album che ha segnato uno dei comeback più attesi della stagione!
Ovviamente stiamo parlando di Britney Spears e del suo nuovissimo disco Glory, il nono di una lunga carriera costellata di successi (iniziata quasi 18 anni fa con la celeberrima hit mondiale Baby One More Time) e seguito di Britney Jean, un grande flop a livello mondiale che non è mai riuscito ad avere grandi riscontri di pubblico e di critica per via di scarsa promozione, hit mancate e della saturazione di un genere come l’Electro House che quell’album continuava a calcare ma che, all’epoca, era ormai passato di moda (a vantaggio delle nuove tendenze Trap), oltre che ad una qualità del disco veramente discutibile.
Ripercorriamo un po’ la storia alquanto travagliata di Glory: dopo aver deciso di terminare in anticipo l’Era Britney Jean con il secondo singolo Perfume (nonostante ci fossero progetti per il rilascio del bellissimo brano Alien ad inizio 2014), Britney decise di dedicarsi ad altri progetti collaterali (come la sua Residency o la collezione di intimo The Intimate Britney Spears, per la quale la cantante intraprese un piccolo tour promozionale tra Europa e Stati Uniti nel settembre 2014), nonostante avesse comunque rinnovato nello stesso anno il suo contratto discografico con la RCA. Proprio però nel corso della sua attività promozionale per la sua linea di intimo la Spears aveva rivelato che i lavori sul nuovo album fossero ormai partiti, anche se molto lentamente.
A fine 2014 comincia ad emergere una notizia: la principessa del Pop avrebbe rilasciato un duetto con la rapper australiana Iggy Azalea, fresca di successo della sua hit mondiale Fancy. Il brano, di nome Pretty Girls, è uscito nel maggio del 2015 e non è riuscito a soddisfare le aspettative: magri risultati in classifica e una critica non benevola nei confronti del singolo (per l’eccessiva somiglianza con la precedente Fancy?) hanno fatto desistere Britney dal fare di quel brano il suo grande ritorno sulle scene musicali.
A maggio di quest’anno Britney si esibisce ai Billboard Music Awards (in una performance che è riuscita a soddisfare i gusti del pubblico e a far rivedere a tratti l’energia che un tempo metteva nei suoi live). E’ stato annunciato immediatamente il nuovo singolo, “Make Me” il cui rilascio però è stato anche esso travagliato, con varie problematiche soprattutto in merito al suo videcolip (per saperne di più sulla vicenda puoi leggere QUI).
Glory, album il cui nome è stato sicuramente scelto per celebrare la prestigiosa carriera dell’interprete, viene rilasciato finalmente a fine agosto, dopo una serie di tracce pubblicate qualche giorno prima.
Ora, acquistato Glory e in attesa della performance ai Video Music Awards 2016 di domenica, quali sono le nostre opinioni sulla nona fatica discografica di Britney Spears? Sarà riuscita la Spears a soddisfare le nostre aspettative? Scopritelo insieme a noi nella nostra recensione traccia per traccia della Deluxe Edition, composta da 17 tracce (mentre la standard ne ha 12)!
1. Invitation
Glory inizia con questo brano dall’ottimo potenziale. Scritta dalla Spears assieme a Julia Michaels e Justin Tranter (già autori della nota Sorry di Bieber) e prodotta da Nick Monson (Good for You di Selena Gomez), Invitation è una traccia che un po’ rimanda alla mente intro come Lotus Intro dell’Aguilera (grazie agli intensi echi) e 1+1 di Beyoncé (vista l’influenza Downtempo/R&B anni ’90 di entrambi i brani).
Dalle buone strofe fino al refrain arricchito da organi elettrici anni ’80, Britney fa partire l’album nel modo migliore, con una performance vocale che stupisce e che ci fa ricordare vagamente le atmosfere sensualissime di In The Zone. Ottimo inizio, ottima produzione di Monson (che dimentica il sound troppo minimal di Good for You), brano promosso a pieni voti.
Il testo, come gran parte delle lyrics che comporranno Glory, parla di amore, emozioni e sensazioni. L’invito del titolo è quello che Britney fa al suo partner, ovvero una proposta di lasciar andare tutte le inibizioni per viversi al 100% e conoscersi a fondo. I versi sono costruiti in chiave romantica e puntano molto sul fattore sensoriale.
“Here’s my invitation, baby, come feel my energy, we give emotions to each other” (Questo è il mio invito, tesoro, vieni a sentire la mia energia, ci diamo emozioni a vicenda).
2. Make Me… (feat. G-Eazy)
Si cala un bel po’ di quota con il primo singolo rilasciato dall’album, una midtempo scritta e prodotta da Burns (già producer per Ellie Goulding e Pitbull e remixer della hit Work di Rihanna) che, nonostante alcuni elementi interessanti, non riesce proprio a brillare. Senz’altro una pessima scelta come lead single. Buoni i giri di chitarre elettriche dal gusto New Wave anni ’80, ma il risultato è quello di una track troppo scarna, con un testo piuttosto spinto, una produzione che snatura parecchio lo stile della Spears e il rap di G-Eazy che purtroppo non riesce ad essere un elemento di spicco, anzi sembra messo lì un po’ a caso.
Davvero il primo singolo più debole di Britney, non riusciamo a spiegarci come una canzone così, a fronte di altre track davvero più forti, sia riuscito ad essere stato il primo estratto da Glory.
Parlando del testo c’è da dire che, sinceramente, non presenta molto contenuto; i soliti riferimenti a sfondo sessuale salvati da qualche metafora e frase ad effetto. Al di là di questo in particolare, Glory in generale pecca veramente sul piano compositivo dei testi e già dicendovi che quello di Make Me… è ben lontano dall’essere il peggiore, abbiamo detto molto.
“From the bar to the car, let’s take it back to my room, Igniting the heat of the moment; let the sparks fuse” (Dal bar fino alla macchina, ritorniamo nella mia stanza, Ad innescare il calore del momento, lasciamo che le scintille divampino).
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3. Private Show
Arriviamo ora al primo singolo promozionale dell’album, rilasciato anche come colonna sonora per lo spot della nuova fragranza, intitolata appunto Private Show. La track, prodotta da Young Fyre (conosciuto per il suo lavoro con il rapper T-Pain), risulta essere una delle più innovative della carriera di Britney: la semplice base Downtempo/R&B ogni tanto intervallata da alcune chitarre elettriche e accompagnata da flebili cori sembra rievocare atmosfere orchestrali, Jazz e Dark Cabaret assolutamente inedite per la Spears.
Purtroppo il risultato non è stato per nulla riuscito, ci troviamo di fronte ad uno dei peggiori brani del disco, se non il peggiore. Private Show non ha purtroppo l’incisività di molti brani della cantante, la performance vocale è compromessa da un eccessivo rimaneggiamento, non suona affatto bene Britney qui. Lodevole il tentativo, ma questo non può salvare una traccia oggettivamente poco felice.
Per quanto riguarda il testo non ce ne vorrete se lo inseriamo nella lista dei più tremendi della sua discografia. Provocazioni ed egocentrismo si incontrano superando di gran lunga la soglia del ridicolo. Pali da lap-dance, twerk, ecc…questi versi sono davvero il nulla cosmico e leggendolo vi accorgerete che non esageriamo. Il “private show” era meglio restasse privato…
“Slide down my pole, watch me spin it and twerk it, Put on a private show” (Scivolo giù dal mio palo, guardami che ci giro intorno e twerko, Ho messo su uno show privato).
4. Man On The Moon
Ecco qui uno dei miei brani preferiti dell’intero disco. Man On The Moon, scritta e prodotta da Jason Evigan (che era già dietro alla bellissima Ghosttown di Madonna), sembrerebbe una semplicissima produzione Downtempo, ma subito svela il suo cuore pulsante tra cristalline percussioni vicine alla musica caraibica, tastiere elettriche e violini che caricano la tensione emotiva del brano rimandandoci pienamente alle delicate atmosfere delle ballad anni ’80, ma ricordando nell’insieme anche lo stile di How I Roll, album-track del suo settimo album in studio Femme Fatale.
Il tutto viene completato dalla voce soft di Britney (la cui performance vocale in alcuni punti mi ha ricordato quella di Touch of My Hand) che canta di una sofferta rottura dopo la quale la cantante decide di aspettare il suo “uomo sulla Luna”. Un pezzo davvero delicatissimo, che lascia estasiati nella sua apparente semplicità e che a me ha ricordato un po’ le atmosfere di The Real Thing della Stefani. Anche questo brano promosso a pieni voti.
La dolcezza trasmessa dall’ascolto si rispecchia totalmente con il romanticismo, a tratti mieloso, del testo. Versi che giocano con riferimenti e metafore spaziali (stelle, Luna, buchi neri…) per far capire quanto prezioso ed immenso sia l’amore, un amore così speciale a tal punto che Britney si dice pronta ad aspettare il suo uomo sulla Luna.
“Houston, I know there’s a problem here, must be a hole in the atmosphere, baby, I wanna be closer to love” (Houston, so che c’è un problema qui, deve essere un buco nell’atmosfera, tesoro, voglio essere più vicina all’amore), dice in una strofa facendo chiaro riferimento alla celeberrima citazione “Houston, abbiamo avuto un problema”, dalla missione Apollo 13.
5. Just Luv Me
Scritta sempre da Julia Michaels assieme ai producer Cashmere Cat e Robopop (che hanno poi creato il sound del brano), Just Luv Me è una track che insegue le tendenze contemporanee. La canzone si sviluppa seguendo gli influssi minimal dell’Alternative R&B con piccoli tocchi di Tropical House e lievi richiami al Trip Hop anni ’90. Sembra un brano preso direttamente da Purpose, l’ultimo album di Justin Bieber.
Non è una canzone che mi entusiasma (sarà che vedo le tendenze attuali come troppo scarne, semplificate e superficiali), la performance vocale nemmeno è così coinvolgente, la traccia comunque è piacevole.
Just Luv Me presenta un testo a dir poco romantico, per non dire incredibilmente sdolcinato. Anche se il pezzo non è stato scritto da Britney è innegabile il fatto che le si addica particolarmente, in quanto fa emergere quel lato fragile di una donna che al suo uomo non chiede altro che amore sincero, dopo le tante scottature e fregature subite in passato.
“But I’m not gonna ask you for nothing, Just luv me, just luv me, I’ma keep it simple, real simple, Just luv me, just luv me” (Ma io non ti sto chiedendo niente, Semplicemente amami, semplicemente amami, La farò semplice, molto semplice, Semplicemente amami, semplicemente amami).
6. Clumsy
Il secondo singolo promozionale dall’album, già annunciato come il gran ritorno di Britney all’EDM e come una sorta di brano revival della sua carriera, è Clumsy, una track prodotta da Warren Felder (già produttore del primo singolo solista di Nicki Minaj, Your Love) e che merita senz’altro parecchi ascolti per essere apprezzata. Percussioni vicine alla musica Country rendono ritmatissimo l’arrivo al refrain in cui i sintetizzatori spezzati rimandano non solo alla più moderna Electro House, ma anche alla tradizione Eurodance/Trance anni ’90.
Sembra una canzone composta di due parti un po’ a sé stanti, unite lievemente solo da alcune leggere tastiere House prima del ritornello, ma il connubio tra i due sound riesce tutto sommato piuttosto bene. Una pecca è la voce di Britney, che non vedo sposarsi molto bene con la base (poi appare troppo modificata). Il brano non è tra i più riusciti di “Glory”, è anche un po’ pesante in certi frangenti.
Nulla di nuovo per quanto riguarda il testo, una Make Me… ben più volgare con riferimenti sessuali più espliciti. Ci domandiamo se la stessa Britney non si stanchi di portare sempre questo tipo di lyrics…
“Clumsy, Never told a soul about what we’ve done, You let it roll right off your tongue, Again and again” (Non ho mai detto ad un’anima cosa abbiamo fatto, Lasci che rimanga nella tua lingua, Ancora ed ancora).
7. Do You Wanna Come Over?
Eccoci arrivati al mio secondo pezzo preferito dell’album nonché terzo singolo promozionale rilasciato la scorsa settimana. Il duo svedese Mattman & Robin hanno creato questa Do You Wanna Come Over?, un Dance Anthem che nelle strofe si apre alle forti percussioni Techno (che mi hanno ricordato parecchio quelle di Love You Like a Love Song di Selena Gomez & The Scene, ma anche quelle di Freakshow della stessa Spears), che nel refrain si affiancano poi a profonde radici Funk e Disco anni ’70 sottolineate anche dagli intensi cori.
Le partiture ritmiche, la voce suadente di Britney e le sonorità si mescolano però in un insieme che a parecchi fan ha ricordato diversi brani della sua carriera fusi assieme. A me, personalmente, questo brano ha ricordato moltissimo ben 4 track del repertorio della Spears: dopo la già citata Freakshow di Blackout, una è Brave New Girl (da In The Zone), l’altra è Lace & Leather (da Circus), l’altra ancora è Gasoline (da Femme Fatale). Un’ottima produzione e delle notevoli ispirazioni al passato fanno di Do You Wanna Come Over? non solo uno dei pezzi più riusciti (e più belli) di quest’album, ma anche uno dei potenziali singoli che potrebbe davvero riportare Britney ai piani alti delle classifiche.
Cambia la traccia ma dal punto di vista stilistico, ma le lyrics sono sempre quelle: Britney provocante, disinvolta che si approccia in maniera sensuale con il suo partner ed i soliti riferimenti di tipo carnale. Sempre la solita solfa, purtroppo.
“Whatever you need (Whatever you need), I’ll do it (uh-huh), I’ll do it (uh-huh), Do you wanna come over?” (Qualunque cosa ti serva, qualunque cosa ti serva, Lo farò, uh huh, Lo farò, uh-huh, Vuoi farti avanti?)
La collaborazione Britney/Mattman & Robin continua in questa Slumber Party, magari un po’ meno incisiva della precedente, anche se conquista con i suoi profondi tocchi retrò . I sintetizzatori dal gusto anni ’80 fanno iniziare una canzone che continua con percussioni R&B vicine al Reggae. Verso la fine, il crescendo dato dai fiati dà a tutto il brano un retrogusto Urban che rinvia al buon vecchio Pop timbalandiano dello scorso decennio (che in pratica è stato una delle basi di ispirazione per il suo album considerato più rivoluzionario, ossia Blackout).
Slumber Party è un brano che si fa apprezzare all’interno del progetto. Si deve riconoscere l’ottimo tentativo del duo svedese Mattman & Robin di collegarsi alle radici della carriera della Spears aggiungendo ad essa delle buone innovazioni che non snaturano il suo repertorio (cosa che un po’ tutti i fan cercavano da lei).
Per quanto riguarda il testo torna la Britney disinvolta e sbarazzina, quella che avvisa il suo uomo di tenersi pronto perché staranno svegli tutta la notte a fare uno “slumber party” (pigiama party).
La discografia della Spears è piena di questo genere di testi un po’ provocatori, giocosi e sexy.
“Sheets all on the floor just like an ocean, Building up your fortress like a mountain, Neighbors say we’re causing a commotion, Like a slumber party” (Lenzuola sul pavimento come un oceano, Costruendo la tua fortezza come una montagna, I vicini dicono che stiamo facendo baccano, Come un pigiama party).
9. Just Like Me
Si ritorna ora ad una produzione Monson, con un testo che Britney ha scritto con l’ormai noto duo di songwriter Michaels & Tranter. Le chitarre di sapore Folk/Country con lievissime influenze Trap nelle percussioni (che a me hanno ricordato leggermente Devil Pray della sua amica e grande ispiratrice Madonna) si dissolvono poi in un moderno refrain Deep House guidati dalla voce di Britney. L’eccessiva ripetitività della track però non riesce a fare di Just Like Me uno dei pezzi più memorabili del nono album della Spears. Un vero peccato, considerato che Monson aveva prodotto Invitation, un brano carico e coinvolgente che aveva dato avvio a Glory nel migliore dei modi.
Non è purtroppo uno dei miei pezzi preferiti dell’album, anche perché mi è sembrato un brano più nelle corde della sorella Jamie Lynn (viste le profonde influenze Country). Da apprezzare comunque il tentativo di aver intrapreso una strada piuttosto nuova per Britney senza per forza essere assolutamente in linea con le tendenze contemporanee eccessivamente minimal.
Controcorrente rispetto al resto dell’album va anche il testo di questa Just Like Me. Se fino ad ora ci siamo divisi tra brani che parlano di amore smielato e altri che invece pescano dal lato più carnale e passionale, ora Britney concede uno spazio ad uno dei risvolti peggiori del sentimento: il tradimento.
I versi raccontano di una donna che corre a casa perché non vede l’ora di ricongiungersi con il suo uomo ed invece viene accolta dalla peggiore delle sorprese: il suo partner la sta tradendo con un’altra donna che fisicamente è identica a lei. I versi rispecchiano tutta l’incredulità del momento.
“She looks just like me, just like me, No, I just can’t believe” (Assomiglia proprio a me, proprio a me, No, non posso crederci).
10. Love Me Down
Arriviamo ora ad un brano che è riuscito a colpirmi parecchio con la commistione di sound creata da Andrew Goldstein. Love Me Down parte con liquide percussioni Techno su cui le strofe riescono a reggersi molto bene. DeIicate influenze Reggae accompagnano poi il refrain, sviluppato su semplici percussioni Trap che accompagnano bene le lyrics ripetute e accattivanti. L’incedere della voce di Britney nella strofa ricorda molto da vicino quello di Gwen Stefani in diversi suoi brani. Buono il bridge verso la fine della canzone che rimanda allo stile degli Invisible Men (produttori di Fancy dell’Azalea, come anche di Pretty Girls della stessa Spears).
L’effetto Urban/Hip-Hop ottenuto dal brano è davvero ben riuscito. Nel testo Britney discute con il partner, il quale lamenta il fatto che tra loro ci sia poca conversazione e solo litigi. Di lì i versi prendono la solita piega passionale
“We’re better just skin to skin, I’m treating you real, real nice now, We’ll finish and start again” (Siamo migliori semplicemente stando pelle a pelle, Ti sto trattando veramente, veramente bene adesso, Finiremo e cominceremo daccapo).
11. Hard to Forget Ya
Siamo quasi in chiusura della Standard Edition e ci troviamo finalmente di fronte ad una produzione di Ian Kirkpatrick (dietro alla hit di Jason Derulo Want to Want Me), uno dei primi producer annunciati per il nono lavoro discografico di Britney. La track parte già con un notevole crescendo dato dalle avvolgenti percussioni Alternative R&B/Dancehall che pian piano si mutano in tastiere Synth Pop/Urban anni ’80 che accompagnano il refrain Hip Hop dai lievi elementi retrò. I vocals di Britney seguono bene la base, accompagnandola con un cantato vicino in alcuni tratti allo stile di Madonna degli anni ’80.
Kirkpatrick crea un pezzo davvero ben riuscito, portando Britney a cavallo tra uno stile molto moderno (nelle strofe) e un Urban molto Old School (con una struttura ritmica che ricorda vagamente la celeberrima Rhythm Nation di Janet Jackson). Buon brano, non tra i migliori del disco né tra i più coinvolgenti, però le ispirazioni notevoli agli anni ’80 danno a questa Hard to Forget Ya un’atmosfera inimitabile.
Anche in questo caso il testo è pieno di riferimenti a sfondo sessuale. E’ cantato dal punto di vista di una donna che non è in grado di dimenticare il suo uomo, tanto che dal loro primo incontro non riesce a farsi passare la voglia di stare con lui. La Britney disinibita e mangia-uomini emerge molto in Glory.
12. What You Need
La Standard Edition si chiude con una canzone nuovamente prodotta da Young Fyre, che abbiamo trovato all’inizio alla produzione di Private Show. What You Need è il pezzo che potremmo tranquillamente chiamare Bang Bang pt. 2 (ovviamente mi riferisco alla hit del 2014 cantata dal trio Jessie J, Ariana Grande e Nicki Minaj): giri di chitarre anni ’60, fiati da orchestra e strumentazioni vicinissime al Jazz e al Soul i vocals della Spears, che purtroppo si presentano come abbastanza striduli nelle note alte, più buoni invece nelle basse.
Con vaghe riminescenze all’Era Back to Basics di Christina Aguilera, la produzione semplice, assolutamente dal gusto retrò, riesce a coinvolgere l’ascoltatore molto di più di Private Show (non che ci volesse molto), chiudendo l’Edizione Standard in modo divertente, cosa sottolineata proprio dal finale That was fun? pronunciato dalla cantante. Track accettabile, peccato per la ben poca originalità (l’influenza della hit Bang Bang è stata forse un po’ troppo invasiva, nonostante il buon risultato ottenuto).
Per quanto riguarda invece il testo, sinceramente, ci si trova davanti ad uno di quei testi difficili da commentare perché completamente privi di sostanza o argomento concreto. Passionalità e provocazione incontrano qui la volgarità ed i riferimenti a sfondo sessuale non mancano.
- Deluxe Edition tracks
13. Better
La Deluxe Edition incomincia con Better, scritto da Britney, Michaels & Tranter e prodotto da Bloodpop (il producer del nuovo singolo di Lady Gaga Perfect Illusion in uscita a breve). Il pezzo si sviluppa su una base Alternative R&B che segue parecchio le tendenze lanciate da Justin Bieber (i piccoli tocchi Tropical House), così come lo stile dei Major Lazer, in modo particolare Lean On (di cui questo pezzo cerca di imitare i liquidi suoni orientaleggianti), ma non riesce a creare davvero una track fresca e completamente innovativa, con una voce di Britney che non spicca nelle strofe (dato che il refrain è dominato solo dalla parte strumentale accompagnata da lievi echi). Più interessante il finale, con tastiere spezzate Electro House.
E’ uno dei brani più sottotono dell’album, peggio di Make Me…. Better, un adeguamento eccessivo a tendenze attuali con cui, a mio parere, Britney continua a c’entrare poco.
Per ciò che concerne il testo finalmente si cambia leggermente registro. Certo, provocazioni e ammiccamenti vari continuano, ma perlomeno il tutto è unito ad un messaggio di base profondo: aprirsi e confidarsi con il proprio partner per conoscerlo meglio fa bene ed inoltre permette di andare oltre al solo fattore fisico (anch’esso importante all’interno del brano).
“Better open up cause it feels much better, When we open up for each other” (Meglio aprirsi perché si sta molto meglio, quando ci apriamo l’uno con l’altra).
14. Change Your Mind (No Seas Cortés)
Non c’è niente da fare, le produzioni di Mattman & Robin sono quelle che in Glory mi hanno convinto di più! Questa Change Your Mind (No Seas Cortés), scritta dal duo svedese di producer con i soliti Michaels e Tranter, si sviluppa su una delicatissima chitarra Flamenco di piena ispirazione al Latin Pop (che a me ha ricordato molto il sound che negli anni 2000 realizzavano i noti produttori Lester Mendez e Desmond Child) alternata a lievi tocchi R&B e Disco. La sensualità passionale di Britney guida un pezzo in cui, per la prima volta, ci regala una grande sorpresa: canta in spagnolo, aggiungendo ancora più carica ad un brano piuttosto minimal (rispetto ad altre produzioni dei Mattman & Robin), ma di grande impatto.
Questo è diventato subito il terzo tra i miei pezzi preferiti di quest’album. Non solo Change Your Mind (No Seas Cortés) riesce ad essere molto originale per le tendenze attuali (che hanno sì recuperato il Latin, ma che lo fondono parecchio con i sound della Dance contemporanea), ma anche a diventare un pezzo che, come il duo ha dimostrato nel corso dell’album, asseconda le corde di Britney, che spesso ha puntato su uno stile molto sensuale nel corso della sua carriera.
Dunque, tralasciando la qualità o meno del pezzo, sul testo che lo accompagna si potrebbe davvero aprire un dibattito.
Non sento di esagerare definendolo squallido, a dir poco squallido. Si tratta praticamente di un’esplicita richiesta fatta da una donna al suo amante perché la smetta di essere gentile ed educato e diventi più “animalesco”, invitandolo ad oltrepassare la linea. Anche se le parole non sono espresse in modo violento (ci mancherebbe) il messaggio che emerge è piuttosto chiaro, e non fa onore all’artista. Con questo non vogliamo dire sia colpa di Britney, ma è anche vero che le cantanti donne di oggi troppo spesso cadono in questi tranelli e accettano di cantare brani che trasmettono messaggi negativi. La musica è importante anche per l’impatto che ha sulla gente e sui fans, ogni tanto le star dovrebbero riflettere su questa cosa.
“No seas cortés, I’ma make you change your mind, No seas cortés, You don’t wanna cross the line, I’ma make you change your mind” (Non essere gentile, Ti farò cambiare idea, Non essere gentile, Tu non vuoi oltrepassare la linea, Ma io ti farò cambiare idea).
15. Liar
Evigan, dopo Man On The Moon, torna alla produzione con un pezzo che molti fan hanno visto come nuova risposta alla nota hit Cry Me a River del suo ex fidanzato Justin Timberlake (puoi scoprire QUI tutti i dettagli). Liar è un brano rabbiosissimo che inizia con percussioni tribali (simili allo stile dei Neptunes, anche se qui sono più spezzate e accompagnate da feroci bassi Urban) e un’acuta armonica Blues che fanno poi spazio nel refrain a violini carichi di tensione e pesanti tastiere Hip Hop che mi hanno ricordato tantissimo le produzioni del periodo d’oro di Timbaland (che molti fan senz’altro ameranno, vista la vicinanza del suo stile a quello di Blackout). La voce di Britney non è molto apprezzabile, sembra quasi Camila Cabello delle Fifth Harmony per rendere l’idea, con quel timbro un po’ “da rana”.
Tutto sommato è una buona traccia, che avrebbe potuto trovare collocazione nella standard version del disco, magari al posto di “Private Show”.
Il testo di Liar, come abbiamo accennato prima, è stato da molti letto come risposta a Cry Me A River, canzone di Timberlake nel quale si scagliava proprio contro Britney, sua storica ex fidanzata.
Questo confronto è nato per via di alcuni riferimenti che, in effetti, proprio una casualità non sembrano. Si parla di bugie, presunti tradimenti, panni sporchi di cui ci si vuole liberare ecc… Ovviamente tutto questo vociferare farà bene alla popolarità del pezzo, certo è che senza una conferma della diretta interessata non sapremo mai chi è il “bugiardo” a cui è dedicata la canzone.
“Baby cry, cry, cry, You ain’t fooling anyone, You know I know that you know I know, That you’re a liar, a liar” (Tesoro piangi, piangi, piangi, Non inganni più nessuno, So che sai che tu sai che io so, Che tu sei un bugiardo, un bugiardo).
16. If I’m Dancing
Avviandoci verso la conclusione dell’album ci troviamo di fronte alla seconda produzione targata Ian Kirkpatrick, che riesce a funzionare più di Hard to Forget Ya. L’inizio riesce a fondere sapientemente bassi dal gusto Industrial e Dubstep con percussioni elettroniche tipicamente Dancehall, sviluppandosi poi anche nelle strofe di sapore Europop anni ’90 (che si trova nelle leggerissime tastiere del refrain). La base musicale in generale, assieme alla voce sognante di Britney, ricorda tantissimo How I Roll, album track tratta da Femme Fatale forse tra le più sperimentali della carriera della Spears.
Questo è forse uno dei brani che sembra meno incisivo in Glory, ma colpisce parecchio per la sua vena innovativa, che riesce a mescolare con equilibrio tratti di tendenze musicali passate con profonde influenze a generi contemporanei. Diventato in breve uno dei miei pezzi preferiti dell’album, If I’m Dancing è sicuramente una delle produzioni Pop più riuscite di Kirkpatrick.
Dal punto di vista del testo ci si confronta con il ritorno della Britney romantica e dolce, letteralmente rapita dal sentimento che la lega al suo uomo. Quando ballano capisce che insieme staranno bene e si lascia trasportare in toto dalle sensazioni del momento.
“If I’m dancing, I know the music’s good, If we’re dancing, if we’re dancing, if we’re dancing, I know that we’ll be good” (se sto ballando, So che la musica è bella, Se noi stiamo ballando, se noi stiamo ballando, se noi stiamo ballando, So che noi staremo bene).
17. Coupure Électrique
It’s Britney, French!, si potrebbe dire. Questa track, scritta e prodotta dall’esordiente Lance Eric Shipp (che grazie a questa produzione potrà godere di maggiore popolarità), viene tutta guidata dalla sensualità della voce di Britney (che appare piuttosto irriconoscibile per la verità), carica di echi. La base è molto minimal, sostenuta quasi solo lievissime tastiere Trap/Downtempo. Il brano poi si complica nel refrain, dove Britney lascia più spazio ai raffinati bassi Dubstep/Techno che di nuovo lasciano posto ai vocals nelle strofe.
Ottimo brano per concludere questo nuovo album della Spears, peccato che di Blackout ci sia quasi solo il nome tradotto in francese (e i bassi Dubstep che nel quinto album di Britney facevano a volte capolino) e che il brano è stato concepito più come una outro (sarebbe stato bello vedere gli sviluppi elettronici della base in un pezzo magari di lunghezza maggiore, data la notevole sperimentazione delle sonorità).
Come abbiamo accennato Britney si approccia con la lingua francese, lingua da sempre considerata come l’emblema della sensualità. Il testo è decisamente semplice ma altrettanto incisivo ed evocativo e conclude con la stessa Britney romantica e passionale che avevamo incontrato nella prima traccia.
“J’oublie le monde, quand tu fais, Fais moi l’amour, mon amour…. Comme une coupure électrique” (Dimentico il mondo quando tu, mi ami, amore mio, Come un corto circuito).
Ora che abbiamo concluso l’ascolto di Glory, cosa ne pensiamo complessivamente? Rispondiamo ad alcune domande. E’ un disco che lancerà delle tendenze? Assolutamente no, sembra più che altro che Britney abbia voluto seguire il filone minimal/alternative attuale, cercando però di non stravolgere a pieno le basi del suo repertorio (non riuscendoci a volte, come in Make Me… e Better). Peccato non abbia rivoluzionato completamente le scene, osando come aveva fatto con quel grandissimo capolavoro di Blackout.
E’ un disco che riteniamo superiore o qualitativamente uguale alle sue pietre miliari?
No, ma in fondo questo è condizionato un po’ dallo stretto legame che vediamo tra Britney, le tendenze che ha lanciato e la storia che ha fatto negli anni Duemila, legame che in questi anni non riusciamo più a trovare dati i notevoli cambiamenti nella scena del Pop e la forza della sua immagine purtroppo indebolita con il passare degli anni (il pubblico che ha apprezzato cantanti che hanno fatto la storia del Pop non riuscirà mai a equilibrare il suo giudizio tra il nuovo e il classico, pendendo sempre più dalla parte di quest’ultimo).
E’ un disco dalla chiara direzione musicale? Sinceramente no: rispetto a quasi tutti gli album della Spears (a parte forse Britney Jean), Glory mi è sembrato il più confusionario, con troppi generi che non danno un chiaro indirizzo al risultato finale (come magari in In The Zone o Blackout, dove l’R&B/hip-hop per il primo e l’Elettropop per il secondo erano i punti saldi che gli album confermavano in tutte le loro tracce). Ovviamente credo che la colpa sia maggiormente da imputare alla presenza di un gran numero di produttori (ben 18 diversi) che hanno definito ogni brano secondo i loro diversi stili.
I testi sono piuttosto banali e molto simili tra loro, fanno riferimento alla sfera della sessualità con varie allusioni, nulla di ricercato. Sinceramente, si sente la mancanza di una ballad che possa spezzare un po’ il ritmo, le canzoni sono tutte allegre e frizzanti, senz’altro dei momenti di maggiore intimità con l’ascoltatore, a parte la prima e l’ultima track, sarebbero stati più che graditi. Peccato non averci trovato un bel pezzo come “Alien”, finito purtroppo in un disco che poco aveva a che vedere con il valore di quella traccia.
La performance vocale è senz’altro superiore rispetto a quella degli ultimi lavori della Spears, sebbene si riscontrino delle variazioni tra un brano e l’altro, si ha la sensazione che la voce cambi un po’, sicuramente è stata editata abbastanza, ma il processo di mascheramento appare più pulito e non così fastidioso come ad esempio in Britney Jean o Femme Fatale.
Fatte tutte queste considerazioni però, Glory è un album piuttosto buono, molto diverso dai precedenti Femme Fatale e Britney Jean, e può rivelarsi sicuramente un’ottima occasione per scoprire una Britney Spears piuttosto inedita e finalmente pronta per un buon ritorno e che, fino a oggi, non sembrava mai davvero arrivare.
Nel complesso il disco è piacevole all’ascolto, le canzoni sono ben prodotte, e si vede che c’è stato un grande impegno e lavoro dietro. E’ un album leggero e senza pretese, e che va giudicato in quanto tale; logicamente poi può piacere o no, ma questo dipende molto spesso dai gusti personali e da che tipo di sensazioni ricerchiamo dalla musica, nè si può pretendere da Britney la voce di una Beyoncé o di una Lady Gaga. Per lo scopo che si prefigge, qualitativamente parlando questo album non manca il bersaglio, d’altro canto è ovvio che su un piano artistico potrà essere giudicato inferiore a tanti altri progetti più impegnati, innovativi e con performance vocali ben più corpose.
Gli influssi dalla musica di The Weeknd e le tendenze Hip-Hop di cui la Spears aveva parlato mesi fa non sono pervenuti. Che l’album sia stato creato dopo averne cestinato un altro? Non possiamo saperlo. “Glory” è il disco che forse ci aspettavamo dopo Circus, sebbene non ne riesca ad eguagliare la grandezza e sebbene la musica sia quella che gira adesso. Vogliamo essere positivi, siamo abbastanza soddisfatti da questa Britney e appoggiamo questa evoluzione, nel complesso.
E voi? che ne pensate del nuovo album di Britney?
Fateci sapere nei commenti le vostre opinioni e se concordate con la recensione!
– Recensione a cura di Francesco Tita, Silvia Mella e Davide.
The Review
Recensione in breve
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Glory