Questo 2017 è stato fino ad ora un anno pieno di grandi ritorni che però non ci hanno convinto pienamente. Ma non disperate: Lorde è tornata per salvare il pop!
Sicuramente tra i più attesi, Melodrama ha fatto ieri il suo ingresso nella scena musicale e non ha deluso di certo le nostre aspettative.
Il progetto discografico che vede come produttore principale Jack Antonoff, chitarrista e cantautore molto richiesto nella scena indie pop americana (nonché chitarrista dei Fun), è il successore dell’acclamato debut album Pure Heroine, che ha reso la ormai ventenne Lorde una vera e propria drama popstar. É quindi comprensibile l’agitazione e la pressione che Lorde ha dovuto sopportare per questi anni, stordita e disorientata dal grande successo del suo primo disco, arrivando anche a pensare di mollare tutto, non essendo più in grado di scrivere nulla di simile.
Quando il blocco dello scrittore è stato spazzato via, è nato questo piccolo-grande capolavoro, Melodrama, l’equivalente di un’opera teatrale intima, gradevolmente stramba e drammaticamente gotica, quasi una proiezione materiale della vita della cantante neozelandese che non ha alcuna remore a mostrare la sua vera essenza. Prima di partire, vi anticipo che non esiste neanche una traccia non promossa in Melodrama, in quanto ognuna è unica e interessante a modo suo.
Iniziamo la nostra recensione track by track:
1. GREEN LIGHT: Apre il progetto il lead single di questa nuova Era, pubblicato il 2 marzo. Green Light si apre con un intro piano-voce oscuro e misterioso, basato su tre accordi che lascia spazio in seguito ad una mid-tempo in cui elementi di elettropop si amalgamano perfettamente con la power e la dance pop, con un risultato potente tutto da ballare. Come dichiarato dalla stessa cantautrice, Green Light é un brano viscerale in cui vari sentimenti (gioia, dolore, risentimento, malinconia ed euforia) si incontrano, creando un una disco hit su cui scatenarsi con le lacrime agli occhi. Sicuramente un brano con sonorità molto lontane dalla Lorde di Pure Heroine, Green Light narra della prima grande delusione amorosa della ventenne e in particolare del momento post break-up, “quando la tua vita è ormai cambiata, [Green Light parla] di tutte quelle stupide piccole cose che cominciano a passarti per la mente”. Qualitativamente eccellente, questo brano è un perfetto lead single che rappresenta (in parte) il sound di Melodrama e che mostra una Lorde più matura e più pop. 5/5
2. SOBER: Si continua con la stravagante e scanzonata Sober (scritta nel retro di un Uber), caratterizzata da un intro a tratti vocalmente angoscioso (Limelight lose my mind) che sorregge tutto il brano come sottofondo assieme ad un beat tribale che incontra un tripudio di trombe roots-raggae nel ritornello (che strizzano l’occhio agli ultimi lavori dei Bastille). Interessantissime le strofe caratterizzate da cambi di registro e sincopati vocali che ammaliano l’ascoltatore e soprattutto il grintoso ritornello che esplode come solo un trionfante inno giovanile sa fare. Sober è sicuramente uno dei tanti picchi qualitativi dell’album e ci mostra una Lorde sempre più versatile.5/5
3. HOMEMADE DYNAMITE: La terza traccia si apre con una citazione a Top Gun di Tony Scott (A couple rebel top gun pilots/ Flying with nowhere to be) e continua come un altro party anthem dal sapore ironico e “disastroso” (Might get your friend to drive, but he can hardly see/ We’ll end up painted on the road/ Red and chrome/ All the broken glass sparkling/I guess we’re partying), retto da una base elettropop trascinante. Ipnotici e grintosi sono i pre-chorus che introducono un ritornello esplosivo e al tempo stesso sussurrato, quasi come una frase gridata ma ovattata dal rumore assordante di un festa. Ancora una volta Lorde ci presenta una perla pop e ci fa innamorare sempre più. 5/5
4. THE LOUVRE: Ad aprire The Louvre troviamo una chitarra che regge le due strofe e viene accostata da una splendida base ambient-dub. Il pezzo esplode nello splendido ritornello grazie ai cori, alle percussioni e alla versatilità stilistica e vocale di Lorde (Megaphone to my chest/ Broadcast the boom boom boom boom and make ‘em all dance to it) che ancora una volta dà prova di essere padrona del suo cantato e delle sue produzioni. Poetico e sognante il testo, che racconta di un amore estivo (Well, summer slipped us underneath her tongue/ Our days and nights are perfumed with obsession) e del suo modo di viverlo come una “dolce psicopatica” con tutte le piccole stranezze che ci fanno amare Lorde (I overthink your punctuation use/ Not my fault, just a thing that my mind do). Sono brani come The Louvre che ci permettono di goderci la grande genialità lirica e narrativa della neozelandese (l’identificazione degli amanti come due opere d’arte esposte al Louvre ricordano le atmosfere sognanti di capolavori cinematografici come The Dreamers di Bertolucci e Bande à part di Godard nella scena della corsa nel museo parigino). Un altro piccolo gioiello firmato Ella Yelich-O’Connor. 5/5
5. LIABILITY: Arriviamo alla prima ballad del progetto, già estratta come singolo promozionale il 10 marzo. Scritta in un taxi durante l’ascolto di Higher di Rihanna, Liability é una splendido ed intimo brano piano-voce, in cui la neozelandese mette a nudo la propria anima e le sue paure da popstar giovane e fragile: Lorde si sente sola, sentimentalmente tossica, usata ed incompresa (The truth is I am a toy that people enjoy/ ‘Til all of the tricks don’t work anymore and then they are bored of me) e trova conforto solo in se stessa (Better on my own). Nonostante l’accompagnamento del pianoforte delinei un’atmosfera dolce e malinconica, il testo della ballad é un crudo viaggio nelle sensazioni di un essere umano sul baratro della depressione, quasi un ultimo messaggio al mondo prima di terminare la propria vita: poetico e soffocante è l’ultimo verso che chiude il brano (You’re all gonna watch me disappear into the sun), il quale ricorda nei temi il bridge di White Roses della collega e amica Charli XCX (We’re gonna melt down/ Gonna disappear into the sun). Liability è sicuramente una delle più belle e sincere ballate mai scritte e il fatto che sia scaturita dalla penna di una ragazza così giovane, ci fa apprezzare ancor di più l’estro di Lorde.5/5
6. HARD FEELINGS / LOVELESS: Da una ballata piano-voce passiamo direttamente ad una produzione noise-industrial, a tratti grezza nei suoni del ritornello (dannatamente coinvolgente) in cui la delicata timbrica di Lorde fluttua asintoticamente sulla base, lasciando alla maestosa produzione il compito di ammaliare l’ascoltatore. La seconda parte (Loveless) si apre con una voce maschile (What is this tape? This is my favorite tape) che introduce una produzione più dura e ruvida, in cui Lorde descrive la sua generazione come “senza amore”. Altro splendido brano, forse meno immediato degli altri, ma di ottima fattura (l’accuratezza certosina nella scelta dei suoni è più che evidente). 5/5
7. SOBER II (MELODRAMA): La settima traccia é la title track, nonché seconda parte di Sober. Al contrario del brano appena citato, Sober II (Melodrama) si presenta un’ariosa produzione orchestrale che continua con un pianoforte e suadenti cori. Cambio totale di registro nel ritornello, caratterizzato da un beat martellante e un cantato duro vocalmente e liricamente, sorretto da cori lontani (We told you this was melodrama/ You wanted something that we offer). Perfetto brano di passaggio dalla prima alla seconda parte del progetto, molto sperimentale nell’unione di elementi orchestrali, beat trap (che ricordano quello di Needed Me di Rihanna) , cori onirici e testi cruenti. Anche il minutaggio contenuto è un punto a favore, essendo un ponte di collegamento. Forse la traccia migliore del lotto, essendo struggente e di grandissimo impatto. 5/5
8. WRITER IN THE DARK: La seconda ballad del progetto è un altro brano piano-voce, più potente di Liability, caratterizzato da cori acuti che ipnotizzano nel meraviglioso ritornello (I am my mother’s child, I’ll love you ‘til my breathing stops/ I’ll love you ‘til you call the cops on me) caratterizzato da un cantato quasi rotto dal pianto, in cui la voce si fa sempre più lontana fino a quando non viene sostituita da un quartetto d’archi che chiude la traccia in maniera perfetta. Anche in questa traccia, Lorde mostra il peso della fama che è costretta a sopportare e l’appoggio che non riesce a trovare negli altri (Bet you rue the day you kissed a writer in the dark/ Now she’s gonna play and sing and lock you in her heart). Ancora una splendida traccia intima e sognante, sicuramente una delle più belle dell’intero album (ma con un progetto così qualitativamente alto è parecchio difficile designare la traccia migliore). 5/5
9. SUPERCUT: La terzultima traccia è la splendida Supercut, una mid-tempo elettro-power pop molto simile a Green Light nel sound. Nonostante i toni malinconici del testo (In my head I played a supercut of us/ All the magic we gave off), il brano si presenta come un pezzo disco caleidoscopico e scatenato, un altro inno su cui ballare e su cui piangere. Eccellente nella produzione e coinvolgente nel beat e nei bridge, Supercut è una vera e propria colonna sonora cinematografica e potrebbe essere una scelta giusta come singolo, nonostante la sua somiglianza con il lead single. 5/5
10. LIABILITY (REPRISE): Arrivati quasi alla fine, incontriamo la seconda parte di Liability, una traccia caratterizzata da un cantato elettronico sorretto da un beat basico in cui Lorde riflette sulla sua vita (Maybe all this is the party/ Maybe the tears and the highs we breathe). Meno intima della ballad che porta il suo stesso nome, la Reprise è un tunnel angoscioso che ci porta direttamente verso l’ultima traccia, l’ultima grande festa di Melodrama. Promossa.
11. PERFECT PLACES: Chiude questa bellissima avventura musicale, un altro inno esistenziale con un ritornello da cantare a squarciagola in coro, festeggiando e brindando ad un edonismo sfrenato e ad una giovinezza che fugge via ( I’m 19 and I’m on fire/ But when we’re dancing I’m alright). Dal punto di vista sonoro, Perfect Places è il perfetto connubio tra il vecchio sound di Pure Heroine e le sonorità power pop tipiche di mid-tempo come Green Light, Supercut e Sober; nonostante possa sembrare una banale traccia che parla di feste, drink e divertimento (Every night, I live and die/ Feel the party to my bones), in realtà, grazie al genio lirico di Lorde, diventa quasi un racconto romanzato, un ricordo da rivivere quando si è malinconici e tutto ciò che ci va di fare è stare sdraiati sul letto con le cuffie nelle orecchie. Ancora una volta Lorde diventa una di noi e ci regala un’altro sottofondo per le nostre memorie adolescenziali. Perfetta chiusura per un album perfettamente imperfetto, PP sarà il secondo singolo ufficiale dell’era e ha tutte le potenzialità per diventare una hit. 5/5
Dalla recensione è evidente che secondo noi siamo di fronte al miglior album pop uscito nel 2017: curato minuziosamente nella produzione e nei testi, Melodrama é una perfetta macchina da guerra, ordinata nel suo caos technicolor di forme, suoni e stili. Come la stessa Lorde ha dichiarato, l’intero organico può essere considerato come un grande house party anthem, in cui la giovinezza (in tutti i suoi aspetti) viene celebrata e raccontata da un narratore che è allo stesso tempo protagonista.
Se le mid-tempo presenti in Melodrama sono l’equivalente delle danze sfrenate sotto le luci fluorescenti di una festa scatenata, le ballad possono essere viste come quei momenti in cui, stremati e inebriati, ci concediamo una pausa ai bordi della pista da ballo e iniziamo a riflettere sulla nostra vita, i nostri ricordi e le persone che ci circondano, cercando un silenzioso legame con noi stessi nel caotico susseguirsi di luci stroboscopiche e ritmi forsennati.
Tirando le somme, Melodrama è un meraviglioso dramma musicale e non sarà facile superare la sua ossessiva perfezione. Grazie a questo lavoro, Lorde si riafferma come una delle più importanti e talentuose voci dello show business, capace di coniugare stili differenti e farli suoi, creando vere e proprie colonne sonore adolescenziali, riuscendo ad eguagliare (se non a superare) la qualità di Pure Heroine.
Ed è appunto questo il punto forte di Melodrama: Lorde ha venti anni e crea lavori in cui non tenta di essere più matura, ma resta fedele alla sua età, mostrando la sua straordinaria sensibilità. Non a caso il grande David Bowie aveva un debole per la sua artisticità…
Personalmente sono felice ed onorato di poter dare 5 stelle ad un album così coinvolgente ed intimo, frutto di un’artista che dona tutta sé stessa in quel che fa. E voi cosa ne pensate di Melodrama? Sorpresi o delusi?