Visto il successo del post della settimana scorsa, ho deciso di parlarvi anche quest’oggi di un album passato un po’ inosservato presso le classifiche internazionali, ma che a mio avviso avrebbe meritato molto di più sia per le qualità effettive del disco per via del grande salto di qualità che ha costituito rispetto al predecessore. Se la scorsa settimana ci eravamo soffermati su “Heartbreak on Hold” di Alexandra Burke, quest’oggi vorrei restare in ambito dance per incontrare il secondo album di un’altra Alexandra: la Stan.
Pubblicato nel 2014, “Unlocked” è un album che non snatura completamente le origini di Alexandra, anzi il suo principale filo conduttore è pur sempre la dance, tuttavia rappresenta comunque una grande evoluzione nello stile dell’artista. Alexandra in questo lavoro dimostra di avere un’anima artistica, di non essere una semplice vocalist da discoteca, priva di personalità come sembrava in “Mr. Saxobeat”, ma di possedere semmai una voce bella e potente, a cui sa dare varie sfumature e con cui sa far venire fuori un’anima diversa in ogni canzone.
La dance, come ogni genere, può avere varie sfumature, ed Alexandra sa evidenziarlo bene in questo splendido lavoro: alcune canzoni, infatti, riassaporano le radici di Alex dando però lol un piglio più introspettivo (Dance, Set Me Free, Celebrate), alcune mettono in luce un aspetto più tranquillo di questo genere, che può anche essere in grado di trasmettere tranquillità e serenità se fatto in un certo modo ed interpretato con la sufficiente cura (Give Me Your Everything ed Happy), altre ancora evidenziano invece la parte più sfrontata e sexy di questo tipo di musica, eppure conservano sempre quel frammento d’anima che impedisce loro di essere delle semplici canzonette (Little Lies).
Lo stile di Alexandra c’è: si sente nella voce, capace di interpretare lasciando un po’ d’emozione nei propri ascoltatori ed offrendo molteplici facce e sfumature che ci erano sfuggite in precedenza mostrando un aspetto dolce ed introspettivo della ragazza; lo si sente nei testi, che a volte si rivelano in grado di rassicurare l’ascoltatore (citiamo ancora Dance) o di offrirgli un’esperienza di vita importante (Thanks for Leaving).
Ma l’aspetto più importante di questo lavoro è la miscelanza di generi: se in “Saxobeat” trovavamo solo dance ed house, qua la dance è si la linea guida, ma si mescola sovente con altri generi e sa lasciare spazio a sonorità completamente diverse (pensiamo alle due ballad, il lead single pop-rock “Thanks for Leaving” e la raffinatissima Unlocked, o addirittura al K-Pop di Cherry Pop), e da tutto ciò viene fuori un susseguirsi di colori ed emozioni sempre diversi, un viaggio a tutto tondo per un universo musicale che si dimostra più profondo di quanto si possa credere. Molto apprezzabile anche l’esecuzione spanglish e la produzione latineggiante di “Kiss Me Goodbye”.
Certo, non il 100% del progetto ci ha colpito in positivo, alcune canzoni sono senza dubbio da cestinare (pensiamo a Kiss Me Goodbye in primis), ma in generale questo album è stato una delle sorprese più belle degli ultimi anni, e ci sarebbe piaciuto vederlo fiorire in tutte le classifiche, non sono in Giappone. I momenti più alti dell’album sono sicuramente le due ballad “Thaks for Leaving” e “Unlocked” e le mid/up tempo “Set Me Free” e “Give Me Your Everything”, ma il progetto merita un ascolto completo.
In fin dei conti, tra capolavori, pezzi nella media e canzoni di un livello più basso, ci troviamo davanti ad un album che vi consiglio di non snobbare. Ci dispiace per la presenza, appunto, di brani che non reggono il paragone con le vere perle del disco: senza di essi, il voto sarebbe stato sicuramente più alto, ma ciò non toglie che il nostro giudizio resta ovviamente più che positivo.