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Una metamorfosi di Miley Cyrus inedita, sperimentale, e forse anche rischiosa e scellerata, questo é ”Miley Cyrus And Her Dead Petz”
Quando si parla di un personaggio come Miley Cyrus troppe presentazioni e giri di parole sono forse inutili: è difficile pensare che un’artista che si trova nello showbiz da ormai svariati anni abbia ancora dei segreti per i più. Dopo il successo ottenuto con il suo quarto album in studio ”Bangerz”, accompagnato da un radicale cambio di immagine, Hannah Montana sembra essere solo un ricordo: la nuova Miley ha fatto molto parlare di sè, che sia per la sua musica, o per il gossip, o semplicemente per i suoi look provocanti.
Di certo non è stata una missione facile quella di imporsi in questo modo: non è mai semplice per una ex-disneyana riuscire a risultare credibile proponendo qualcosa di così diverso da ciò che l’ha sempre contraddistinta.
Poi ad un tratto, proprio quando il ferro era ancora caldo e la cantante avrebbe potuto batterlo di nuovo, c’è stato un cambio di rotta. Miley ha deciso di pubblicare a sorpresa un nuovo disco, di ben 23 tracce, sotto etichetta indipendente, dopo che la sua casa discografica, la RCA giudicandolo non idoneo ad essere immesso sul mercato, aveva bocciato il progetto. Il progetto è stato rilasciato gratuitamente sulla sua pagina SoundCloud.
Non ci è dato sapere davvero quale sia stato il motivo che abbia spinto Miley ad optare per questo gesto, il suo amore per la musica, creare un album che sia ”per la musica stessa e non per il twerk” come ha lei stesso spiegato agli MTV VMA 2014, il volersi magari scrollare di dosso un’immagine fatta su misura per lei dalla sua casa discografica o semplicemente un tentativo di libera espressione, senza alcuna forma di investimento (la recording session è costata “solo” 50.000 dollari!).
In ogni caso, non possiamo che complimentarci, già prima di iniziare, con Miley per due motivi in particolare: da una parte perchè proporre musica gratuitamente, che dir se ne voglia, è un bellissimo gesto, dall’altra perchè in questo album Miley si sente. Eccome.
Eliminando dalla nostra mente ogni pregiudizio che abbiamo su Miley Cyrus e cercando di focalizzarci solo sulla Miley-cantante iniziamo questo lungo percorso musicale.
01. Dooo It!
Questo album inizia con quella che è stata la prima traccia rilasciata dal progetto. Non si tratta propriamente di un singolo infatti, malgrado sia stato supportato da un video musicale, il pezzo non è stato inviato alle radio. Si tratta della prima nonché di una delle tante tracce prodotte dai ”The Flaming Lips”, gruppo americano rock/psichedelico, in questo caso il genere musicale che ha caratterizzato il gruppo in questi anni si amalgama bene allo stile dell’ultimo album di Miley ”Bangerz” strizzando l’occhio alla musica trap.
Il risultato è un prodotto che si piazza a metà tra quello che sarà questo album e quella che è stata la precedente Era di Miley, la scelta di estrarre questo brano come primo singolo appare quindi abbastanza oculata e non crea l’effetto shock che avrebbero potuto creare molti altri pezzi dell’album. In generale possiamo dire di trovarci davanti ad un risultato molto lontano da alcuni dei picchi che troveremo più avanti, da menzionare è sicuramente il video registrato per la traccia, che vede Miley sommersa da una pioggia di colori in pose che in alcuni casi lasciano poco spazio all’immaginazione.
La prestazione vocale di Miley non è delle migliori ed il brano può apparire fastidioso anche a causa dei numerosi effetti applicati alla voce dell’interprete, oltre ad essere forse un po’ troppo martellante. E’ un pezzo che o si ama o si odia.
02. Karen Don’t Be Sad
un inizio delicato che potrebbe per certi versi ricordare pezzi come ”Soap” di Melanie Martinez, una track insomma che non ha nulla a che vedere con quella che la precede, alla produzione tuttavia ci sono ancora una volta i ”The Flaming Lips” che hanno eseguito anche una performance del pezzo da The Observatory e un’ altra in collaborazione con Miley da SNL.
Malgrado si tratti di una slowjam in questo pezzo il tocco della band americana è decisamente più marcato e il loro appeal psichedelico è ben nascosto tra i versi sognanti di questa traccia. Il testo del brano è molto significativo, una ”consolatio” che in realtà è dedicata a se stessa e che invita una certa Karen ad essere superiore a coloro che la accusano, d’altra parte, l’interpretazione di Miley è un esempio di come si possa produrre una slowjam senza dover necessariamente puntare sugli acuti. Pezzo buono, che però necessitava di una maggior rifinitura sul cantato.
03. The Floyd Song (Sunrise)
Arriviamo ad uno dei pezzi più simili ai lavori precedenti dei ”The Flaming Lips”, anche Miley sembra quasi fondersi al gruppo per proporre qualcosa di completamente nuovo nel suo repertorio. E sarà proprio questa una delle note positive dell’album: toccherà sfumature completamente nuove della voce e dello stile della cantante.
E’ davvero difficile riuscire a stabilire se si tratta di un buon pezzo o di una traccia troppo ”confusionaria” a tratti, in questo caso infatti la presenza profonda di suoni psichedelici e un utilizzo completamente nuovo della voce da parte di Miley possono in un primo momento lasciare disorientato l’ascoltatore, un invito sincero per questo album è però quello di concentrarsi sulle novità e sulle particolarità e di lasciarsi dietro ogni pensiero sulla forza commerciale dei pezzi.
Davvero sottile è il testo che è il vero punto forte del brano! Riflessioni sul tema della morte e della separazione vengono magistralmente accompagnate in una marcia funebre dal suono paradisiaco. Una traccia da capire.
04. Something About Space Dude
Un’altra delle particolarità di questo disco è che molti pezzi non sono in realtà delle track in cui la base accompagni la voce del cantante per esaltarne al meglio le qualità, come succede di solito, ma anzi, ci sono molti momenti simili ad ”interlude” in cui la voce passa completamente in secondo piano e diventa uno dei tanti strumenti della base.
E’ ancora una volta difficile giudicare questo pezzo come una vera e propria traccia. Uno dei problemi di questo disco è che non è stato rifinito professionalmente in maniera adeguata, e il basso costo nella realizzazione purtroppo ha avuto delle conseguenze ben udibili. Tuttavia ciò non vuol dire che non possa contenere pezzi o spunti interessanti.
05. Space Boots
Questa traccia farà ricredere tutti quelli che si aspettavano un album totalmente prodotto dai ”The Flaming Lips”, il brano infatti vede la produzione di Oren Yoel che ricordiamo per la sua collaborazione nella prima track dell’album ”Bangerz” nonchè nel terzo singolo ”Adore You”. Il sound delicato di Oren si sposa ad elementi futuristici con svariati cambi di sound e ne otteniamo uno pezzi più riusciti dell’intero album. Il testo parla di un amore ormai finito e del senso di vuoto che lascia alla cantante. Buon pezzo.
06. Fuckin Fucked Up
Intro di meno di un minuto che ha il compito di mediare tra due zone del disco, riprende i suoni del brano precedente e li intensifica, quasi dispiace che non sia una vera e propria canzone, ma lo abbiamo capito, è un album dal quale aspettarsi davvero di tutto!
07. BB Talk
Siamo arrivati alla settima track dell’album ed il sound è ben lontano dall’essere come quello delle prime tracce, ancora una volta infatti Oren Yoel alla produzione dà alla base un tocco più mainstream, ben diverso è però il risultato finale!
Si tratta infatti di un pezzo con strofe parlate e ritornello cantato, un abbinamento davvero insolito, che però in questo caso lascia con l’amaro in bocca, perchè, malgrado i monologhi che fanno da strofe siano molto intensi e ricchi di emozione, durano forse un po’ troppo. Tuttavia il pezzo ci piace, è abbastanza piacevole e ci piacerebbe ritrovare l’accoppiata Miley-Yoel nel prossimo album della cantante!
08. Fweaky
La prima traccia che abbiamo ascoltato da questo album, leakkata in anticipo, ancora non si sapeva neanche dell’esistenza del progetto! E’ stato amore a prima vista e ancora ora questo pezzo dona fortissime emozioni.
Anche in questo caso siamo davanti ad una coppia artistica già collaudata nel precedente album dell’artista, stiamo parlando del produttore Mike Will Made-It che ultimamente ha sfornato un successo dopo l’altro, da ricordare senza dubbio il suo lavoro con Miley per il lead single di ”Bangerz”, stiamo parlando della famosissima ”We Can’t Stop”, primo passo del cambio d’immagine iniziato con l’album ”Can’t Be Tamed” e che ha visto la sua apoteosi in “Bangerz” appunto.
Questa ”Fweaky” è probabilmente il pezzo migliore dell’intero progetto, un sound e un’interpretazione che potrebbero ricordare lo stile di Lana Del Rey si uniscono ad un testo davvero sentito e ad un ritornello per niente banale. Bellissima traccia!
09. Bang Me Box
Di nuovo il produttore di We Can’t Stop per un pezzo che si distingue e dalle altre tracce dell’album e dalle altre produzioni di Mike Will Made-It. Un inizio che ricorda ”Burnin’ Up” sfortunato secondo singolo dell’ultimo sforzo discografico di Jessie J ma che presenta un’evoluzione completamente diversa e che fa l’occhiolino alle produzioni di Pharrell Williams per ”Bangerz”.
Il tocco retrò è una ventata d’aria fresca in un progetto per evitare ripetitività. L’interpretazione in questo pezzo è più tangibile e questo ed il brano precedente ci danno una bella spinta, è senza dubbio quello che serve per darci la carica necessaria a continuare questo percorso che non è ancora giunto neanche alla metà!
10. Milky Milky Milk
Ritornano i ”The Flaming Lips” in questa traccia che mischia elementi loro congeniali con altri che, soprattutto grazie all’interpretazione di Miley, ricordano lo stile di Bjork nel suo album ”Biophilia”. Un pezzo dalle atmosfere psichedeliche, malinconiche e sognatrici, questa Milky Milky Milk funziona soprattutto durante il ritornello dove assume un carattere decisamente più pop.
Il testo presenta spunti interessanti e citazioni particolari (The milky, milky, milk, your lips get me so wet, while I’m singing all the verses from the Tibetan Book of the Dead) ma ciò non basta a creare l’atmosfera giusta, si tratta quindi di un brano che si colloca bene all’interno del progetto ma la ripetitività di alcuni sound inizia senza dubbio a farsi sentire. Un po’ sottotono, ma comunque accettabile.
11. Slab of Butter (Scorpion) [feat. Sarah Barthel]
Siamo ormai giunti alla undicesima traccia dell’album ma non siamo che a metà di questo viaggio musicale! Ritorna Mike Will Made-It ma questa volta insieme ai The Flaming Lips, si tratta infatti di una produzione che mischia entrambi gli stili dei produttori e il risultato è una base da urlo!
C’è da dire fin da subito che il pezzo, con una cura maggiore dei dettagli e della produzione, sarebbe potuta essere un’ottima album track anche per il prossimo album della Cyrus, ma come succede frequentemente in questo progetto i lavori vengono lasciati nel loro stato più grezzo. Da notare la forte influenza dei ”Phantogram”, infatti, malgrado la presenza di Sarah Barthel, membro della band, non sia particolarmente rilevante nella traccia, marchia questo pezzo col suo stile e le sue influenze. ”The only laws I obey, the ones I’m makin’ for myself” canta Miley e in questo progetto si sente eccome!
12. I’m So Drunk
E’ davvero strano il fatto che le basi più particolari e le idee migliori di questo album siano confinati nelle intro e ”I’m So Drunk ” non fa che confermare questa tesi. Speriamo che Miley prenda esempio da M.I.A. e le trasformi in track per il prossimo album come successe per la bellissima ”Bad Girls”.
13. I Forgive Yiew
Un inizio che per i primi dieci secondi ci fa sperare in un pezzo diverso da ciò che abbiamo sentito fino ad ora, in realtà il pezzo non si allontana molto da quanto già ascoltato ma vi si allontana il giusto per continuare a trainare questo album. Ancora una volta Mike Will Made-It, che questa volta sembra essere maggiormente ”se stesso”, per una traccia con elementi alternative e trap ed un ritornello decisamente ripetitivo che potrebbe ricordare per certi versi ”Bad Blood” di Taylor Swift. Non si tratta di un pezzo particolarmente rilevante ma riesce nell’intento di donarci un nuovo spunto musicale.
14. I Get So Scared
Rincontriamo Oren Yoel e per l’ennesima volta in una delle migliori tracce del disco. Ritornano le atmosfere di ”Fweaky” e subito è evidente come Miley sia completamente a proprio agio sulle slowjam intimistiche di questo tipo, la produzione aggiunge alle chitarre minimal di ”Fweaky” elementi più ”ritmici” che sembrano essere presi da una produzione di Mike Will Made-It. Anche in questo caso il testo è profondo e ci colpisce molto leggere certi versi cantati da un’artista giovane come Miley, frasi come ”They say love grows, but I’ve only seen it die I’m too young to feel like I’m runnin’ out of time” impreziosiscono un album fatto di bellissimi spunti musicali con parole che tengono sicuramente testa alle basi in molteplici casi. Uno dei momenti migliori dell’album.
15. Lighter
Un’altra slowjam del produttore di ”We Can’t Stop”, l’ennesima. se è vero che le slowjam sono tra i pezzi migliori di questo progetto discografico è anche vero che dopo 14 tracce o si punta su una forte varietà di brani o l’ascolto diventa difficile e noioso, il pezzo è buono ma non riesce a farsi notare e resta confinato qui senza lasciare nulla di nuovo se non una pesante aggiunta di ben 5 minuti e 19 secondi.
16. Tangerine (feat. Big Sean)
Ma a risvegliarci subito c’è la presenza di un featured artist che già ha collaborato con Miley nel precedente album nella traccia ”Love Money Party” che Miley aveva identificato come una delle sue preferite.
Se è vero però che una collaborazione non può salvare una canzone intera. l’interesse iniziale scema velocemente e lascia spazio all’effetto quasi soporifero della canzone. Più di cinque minuti che non presentano alcuna variazione evidente e il rap dell’amico Big Sean che non sembra per nulla ispirato in questo pezzo, pare quasi aver preso sonno anche lui. Si poteva fare di meglio.
17. Tiger Dreams (feat. Ariel Pink)
E Miley gioca di nuovo con la musica psichedelica invitando Ariel Pink, uno dei maggiori esponenti del genere, nella diciassettesima traccia dell’album. Abbiamo a che fare con una splendida mid-tempo in pieno stile Ariel Pink, una ”Put Your Number On My Phone” decisamente meno incisiva ma che non per questo perde di valore.
Ancora una volta possiamo dire che è difficile godere di un pezzo di quasi 6 minuti dopo tutte queste tracce e quindi era preferibile ridurre il numero delle tracce o ”far salire” la track nella tracklist. Il risultato è comunque ottimo e rappresenta una delle vette artistiche dell’album.
18. Cyrus Skies
Un bel respiro ci è concesso da questa ”Cyrus Skies”, una bellissima track, un pò più tradizionale delle altre ma comunque prodotta dai ”The Flaming Lips”. Per l’utilizzo della voce della Cyrus potrebbe essere definita la ”FU” di questo progetto.
Da notare i bellissimi richiami retrò che si confrontano con un sound futuristico di sottofondo, a impreziosire il pezzo ulteriormente c’è il testo: ”Eyes are strange, they say everything” e invece qui Miley ci dice tutto con la sua musica. Un vero gioiellino.
19. Evil Is But a Shadow
E visto che la formula vincente non si cambia, lo stesso concept della traccia precedente è ripreso in questa ”Evil Is But a Shadow”. In questo caso la voce distorta di Miley sembra davvero un sottofondo, è la base a fare da padrona in questo pezzo, che però non riesce a superare quello che lo precede diventandone la versione più ”fiacca”. Ancora una volta un testo particolare che non trova molto spazio a causa di una produzione a tratti soffocante.
20. 1 Sun
E ancora una volta quel genio di Oren Yoel viene chiamato a rimediare alla noia che è sempre dietro l’angolo. Una midtempo dall’appeal country ma con una base ancora una volta psichedelica che, malgrado non spicchi per originalità, almeno all’interno di questo progetto, ci dona una freschezza inaspettata per quella che è ormai la ventesima traccia del progetto. Il fraseggio è particolare e in certi punti ricorda quello del Marilyn Manson degli ultimi due progetti. Buon pezzo.
21. Miley Tibetan Bowlzz
Interlude dai suoni visionari. Il richiamo è alla musica tradizionale dell’ Asia. All’inizio sembra essere l’ennesima filler veramente fuori luogo a questo punto dell’album, ma dopo pochi secondi la voce di Miley riesce davvero a stregarti.
22. Pablow The Blowfish
Uno dei migliori pezzi di tutto l’album qui in fondo. La traccia ha avuto tantissime recensioni positive e quella che può sembrare una semplice slowjam con pianoforte è in realtà un pezzo autoprodotto di fortissimo impatto.
Ma non è tanto l’interpretazione di Miley o la base in questo caso a colpire l’ascoltatore ma un testo di una finezza davvero rara al giorno d’oggi, è facile scrivere slowjam d’amore, ben diverso è partire da un evento e un’immagine puerile come quella proposta, cioè la libertà data ad un pesce palla che vive in una boccia di vetro per arrivare a fare considerazione come ”Why does everything I love have to die”. Da riascoltare dopo aver preso visione del testo, una delle punte massime dell’intera carriera di Miley.
23. Twinkle Song
Ed è il caso di dire che sembrava impossibile ma ce l’abbiamo fatta. Siamo giunti all’ultima traccia di questo imponente progetto. E poteva una come Miley non chiudere in grande? Ancora una volta una bellissima slowjam in cui la voce è accompagnata solo dal pianoforte, Ad un certo punto finalmente Miley ci di essere in grado di toccare anche note alte e, malgrado ci sia voluto un album intero, il risultato è davvero piacevole. Miley improvvisamente passa dalla dolcezza a degli urli che ci sorprendono, in quanto non avevamo mai ascoltato nulla di simile da parte sua. Siamo impressionati positivamente.
Dunque tirare le somme su un progetto così lungo non è mai troppo semplice. Questo è senza dubbio l’album più autentico e sperimentale di Miley e la sua casa discografica non lo ha messo in commercio in quanto per loro ovviamente conta solo il riscontro economico. Questo qui non è un album commerciale, è abbastanza pesante nel suo insieme, non contiene pezzi radiofonici. Le label ovviamente seguono le logiche di mercato ed in quest’ottica RCA forse non ha sbagliato a non consentirne la pubblicazione.
Lodevole è il fatto che Miley abbia voluto comunque farci ascoltare il materiale al quale aveva lavorato e a cui probabilmente si sentiva molto vicina, come si evince anche dall’interpretazione di diversi brani. Attenzione! Questo non è mica il disco del secolo! Ci sono diversi lati negativi come l’eccessivo numero di tracce, alcune delle quali evitabili, gli interlude decisamente poco rilevanti e la produzione che in alcuni casi è ripetitiva e diviene pesante soprattutto nel nucleo centrale. Un’altra pecca è il fatto che manca una rifinitura professionale di alto livello e si sente purtroppo, Il cantato è praticamente lasciato allo stato grezzo e viene coperto dalla base in molti pezzi.
Tuttavia questo album include diversi spunti interessanti: da lodare è la Miley-artista che si rivela senza censure e senza filtri, facendo ciò che le piace nel modo in cui lei desidera, creando dei veri e propri capolavori come ”Pablow The Blowfish” e curando con maggiore attenzione i testi dei brani.
E’ davvero difficile dare un giudizio complessivo su un album così vario che presenta molte sfaccettature diverse, alcune più riuscite di altre o meno, e che più che un vero e proprio album sembra un mixtape, ciò dovuto soprattutto al budget decisamente basso. In ogni caso per noi prevalgono le note positive e decidiamo di premiare questo progetto discografico con un voto di incoraggiamento, sperando di ritrovare in futuro, magari sviluppato opportunamente, qualche spunto davvero interessante che abbiamo piacevolmente scoperto.
The Review
Miley Cyrus And Her Dead Petz
Recensione in breve
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Miley Cyrus And Her Dead Petz